Luigi Iuliano è ancora ricoverato in ospedale. Ecco come lo hanno ridotto
ROCCADASPIDE. Sono in corso le indagini dei carabinieri della locale stazione di Roccadaspide sull’aggressione avvenuta qualche sera fa in un bar di Carretiello, frazione di Roccadaspide. I militari, agli ordini del maresciallo Massimiliano Adelizzi, stanno sentendo le persone, ricostruendo la dinamica, cercando di capire le modalità ed il movente dell’aggressione.
Luigi Iuliano, 68 anni, è stato colpito, ripetutamente, sotto gli occhi indifferenti dei presenti, con violenti pugni e calci sul volto e sul capo da due giovani uomini, F.I. e G.I., riportando trauma cranico e fratture scomposte multiple maxillo facciale. Solo la pietà della proprietaria del bar e di sua figlia, in lacrime e spaventate, mettono fine al pestaggio chiedendo agli aggressori di andare via. Nessuno dei presenti allerta il 118 e/o le forze dell’ordine. Luigi viene trasportato al Pronto Soccorso dell’ospedale di Roccadaspide da un 17enne, per di più senza patente, contattato dalle due donne. Sottoposto alle prime cure ed agli accertamenti del caso gli vengono diagnosticate lesioni, menomazioni e sfregi, con prognosi di quaranta giorni. Luigi Iuliano, pensionato ed ex dipendente comunale, si era trasferito da Carretiello a Roccadaspide nel mese di novembre a seguito delle continue intimidazione che i due gli avevano rivolto per delle foto postate sul proprio profilo Facebook che riguardavano il plesso scolastico della frazione, dove, racconta Luigi, uno dei due aggressori effettuava dei lavori di ristrutturazione. Querelati i due aggressori alla Procura della Repubblica di Salerno «spero la magistratura mi renda giustizia anche per dare l’esempio che si può vivere senza aver paura» conclude Luigi. Il fatto in sé genera sgomento per la brutalità dell’aggressione ma anche per essersi consumata sotto gli occhi indifferenti dei propri concittadini, amici, persone che conoscevano la vittima.
« è paradossale, ma più persone assistono ad un evento delittuoso minore sarà la probabilità che qualcuno intervenga- spiega il Prof. Marino D’Amore ( Ludes HEI Foundation Malta campus Lugano)-. In psicologia sociale tale comportamento è classificato come “effetto spettatore” o “sindrome Genovese” dall’omicidio di Kitty Genovese che si consumò nel 1964 a New York sotto gli occhi indifferenti dei vicini di casa e dei passanti. Kitty venne aggredita e pugnalata nei pressi della sua abitazione. I vicini si resero conto di ciò che stava avvenendo ma nessuno intervenne. La donna cominciò a chiedere aiuto e qualcuno, finalmente, intimò all’aggressore, Moseley, di fermarsi, provocandone la fuga momentanea. Egli, però, tornò indietro, trovò la ragazza accasciata davanti al portone di casa, la violentò e la uccise. La polizia ricostruì la vicenda e scoprì che almeno una dozzina di persone (la stampa ne indicò 38) non fece nulla in quei drammatici 30 minuti. La vicenda divenne nota perché l’omicidio della giovane donna diede inizio a una serie di studi psicologi sul fenomeno come esempio di insensibilità e indifferenza verso una potenziale vittima. L’effetto spettatore o bystander effect fu approfondito soprattutto da due studiosi, gli psicologi Bibb Latanè e John Darley che furono i capostipiti di questo filone scientifico.».
D- Cosa caratterizza questa indifferenza nelle persone presenti all’atto violento?
R- Ci si scrolla di dosso qualsiasi responsabilità attraverso la sua condivisione con gli altri presenti e ci si giustifica idealmente pensando che se nessuno interviene questo ci autorizza a rimanere inerti attraverso dinamiche d’influenza reciproca, si pensa che sia “l’altro” da noi a dover intervenire ma esiste anche una componente fortemente intimidatoria dell’offender che mette i presenti nella condizione di inerzia e omertà.
D- Nel caso di Roccadaspide, l’uomo era anche anziano. Un 68enne colpito selvaggiamente da un 20enne e da un 30enne. E poi due contro uno.
R- Si potrebbe sintetizzare la vicenda con “un annientamento della gerarchia dei valori”. Vengono a cadere tutte le componenti valoriali e relazionali che hanno caratterizzato le generazioni precedenti e si smarriscono i freni inibitori che il Super Io, cioè la sfera psichica che regola gli impulsi, dovrebbe attivare per contenere determinati istinti violenti finalizzati al dominio e all’affermazione di sè.