E’ quanto emerge dai risultati degli scavi realizzati a Paestum
«C’era una sola casa greca parzialmente indagata in passato. Lo scopo del nostro progetto era di sapere di più su questa fase. Abbiamo iniziato a scavare in una zona dove già in passato erano stati notati dei resti più antichi». Così venerdì scorso, il direttore del Parco Archeologico di Paestum Gabriel Zuchtriegel, ha introdotto l’incontro durante il quale, al museo, sono stati illustrati i risultati dello scavo effettuati nei mesi scorsi e a cui hanno partecipato Francesco Scelza e Francesca Luongo, grazie a una borsa di ricerca finanziata dal pastificio Antonio Amato.
«La campagna di scavo si è svolta ad ovest del grande santuario meridionale. – ha spiegato Francesca Luongo – Abbiamo deciso con il parco archeologico di sondare questa porzione della domus 2 perché già negli anni Sessanta l’archeologo Voza vide l’opera quadrata incorporata all’interno della tessitura più recente di epoca romana, svolse dei saggi in profondità e ci fornì dei dati in cui ci diede notizia di una casa di epoca greca di cui indicò sommariamente misure e planimetria».
«La condizione dello scavo ci ha permesso d’indagare questi strati più profondi ma ci impedisce tuttora di avere una relazione precisa proprio con le strutture più superficiali» ha aggiunto Scelza.
I due archeologi hanno illustrato gli aspetti tecnici, il direttore Zuchtriegel ha chiarito l’importanza dello scavo per conoscere meglio la storia della città all’epoca dei Greci: «Allo stesso periodo in cui questa struttura è in vita, risale la Tomba del Tuffatore che si data all’inizio del V° secolo avanti Cristo. La Tomba del Tuffatore è stata definita dal suo scopritore Mario Napoli un esempio della cosiddetta grande pittura greca. Altri archeologi, storici dell’arte, hanno evidenziato possibili legami con l’Etruria e con altre parti dell’Italia non greca e hanno sostenuto che si trattasse di un’opera nata in un ambito coloniale lontano dalla Grecia vera e propria».
«Grazie alle ricerche della soprintendenza, rappresentata negli ultimi trent’anni da Marina Cipriani quale direttrice del museo, e di università italiane e straniere, oggi sappiamo molto di più su questi aspetti rispetto al 1968, quando la tomba fu scoperta, e lo scavo iniziato nel quartiere abitativo fornisce un altro tassello in questo quadro che naturalmente resta sempre parziale. L’importanza dell’indagine consiste a mio avviso nel fatto che ci consente di approfondire un aspetto della città che era poco noto. Appunto quello delle abitazioni».
«Possiamo comunque già tentare un inquadramento dell’edificio : siamo inclinati a vedere nella struttura un’abitazione privata, non un edificio pubblico o sacro. I motivi sono principalmente due: primo è che la struttura s’inserisce perfettamente negli isolati individuati dal gruppo di Emanuele Greco nell’area urbana di Paestum. Ci sono questi isolati che risalgono probabilmente alla seconda metà del sesto secolo che si distribuiscono intorno ai santuari che erano destinati alle abitazioni e lì dentro si trova perfettamente questa struttura. Secondo, quello che abbiamo dell’impianto ricorda altri edifici abitativi greci e magno greci. Quello che sorprende è la monumentalità dei muri in blocchi, molto insoliti per una casa, che ricordano, più che abitazioni, edifici pubblici. Però non bisogna dimenticare che proprio a Selinunte abbiamo un esempio, di poco più recente, prima metà del quinto secolo. Questa casa di Paestum sarebbe seconda metà del sesto secolo. Avremo qui un esempio di una cultura suntuosa, di ceti elevati magno greci, che nella madre patria, fin’ora, non trova paralleli immediati con questa fase così antica».
«A questo punto ci possiamo riagganciare alla tomba del tuffatore. Da tempo gli scavi diretti da Marina Cipriani hanno dimostrato che la tomba del tuffatore non era così singolare come poteva sembrare nel momento della sua scoperta. Resta l’unica tomba di questo periodo con scene figurate, ma ci sono altre tombe affrescate. Una ventina circa, dislocate nelle varie necropoli intorno alla città di Paestum, che in alcuni casi hanno anche i coperchi che sono affrescati o con un colore solo o a volte con più colori, e risalgono al periodo dal 500 circa agli inizi del quarto secolo e di particolare interesse è la cosiddetta tomba delle palmette che risale alla fine del sesto secolo avanti Cristo ed è quindi anteriore alla tomba del Tuffatore. Presenta una specie di cornice con quattro palmette negli angoli come ci sono anche nella Tomba del Tuffatore. Questo dimostra che a Paestum esisteva una tradizione nel decorare le tombe in una particolare maniera di cui la Tomba del Tuffatore è solo l’esempio più spettacolare. Ci dovevano essere artigiani che stettero a Paestum per un certo periodo per realizzare questo tipo di tombe affrescate».
L’ipotesi è che si trattasse di artigiani che oltre a lavorare nei santuari, lavoravano anche nelle case più suntuose. «Le tombe affrescate sarebbero dunque ispirate dalle case riccamente decorate dell’aristocrazia locale. Sappiamo che le sale da banchetto nelle case greche potevano essere affrescate già prima del quarto secolo, per esempio ad Olinto dove troviamo gli stessi schemi decorativi che appaiono sulle tombe affrescate di Paestum, di quinto secolo».
«La monumentalità della struttura lascia intravedere uno stile di vita al quale si sposerebbe l’uso di questo tipo di decorazione considerando che nello stesso periodo appare in alcune tombe eccezionali. Per concludere la documentazione sia dall’abitato che dalle necropoli fa intravedere una cultura locale molto innovativa che sperimenta anche cose nuove».