Acropolis, Natale del 787 d.C.. Intrigo internazionale nel kastrum Cristiano-Bizantino

Giochi di potere tra Re Carlo Magno, l'Imperatrice bizantina Irene, Papa Adriano I ed Arechi II, duca longobardo di Benevento.

Di Ernesto Apicella

Giochi di potere tra Re Carlo Magno, l’Imperatrice bizantina Irene, Papa Adriano I ed Arechi II, duca longobardo di Benevento. La battaglia religiosa tra i cristiano-bizantini e i mussulmani-saraceni.

Acropolis, mancano pochi giorni al Natale del 787 d.C. (1230 anni fa). In una una fredda e ventosa notte di dicembre, una nave bizantina ormeggia, con non poche difficoltà, in rada nella Licina. Le guardie del castello, scorgendo nel buio le fiaccole di segnalazione della nave, allertano il comandante del kastrum, che subito ordina l’invio di una pattuglia armata giù nella Licina. Dalla nave sbarca una infreddolita ambasceria bizantina che, repentinamente, attraverso stretti e scivolosi sentieri, è scortata nelle sicure mura della fortezza. A capo della delegazione c’è il Patrizio imperiale siciliano Teodoro, inviato in missione segreta dall’Imperatrice Irene, per incontrarsi con il Principe di Benevento Arechi II.
Perché un incontro segreto tra Teodoro ed Arechi II?
Come mai l’ambasceria bizantina si era rifugiata nel Castello di Acropolis?
I Protagonisti:

Arechi II, Principe longobardo di Benevento e la moglie Adelperga.
Arechi II (734 circa-26 agosto 787), nobile longobardo, sposò Adelperga, figlia di Re Desiderio, diventando nel 758, con un atto di autorità del suocero, quindicesimo duca di Benevento. Dopo la vittoria di Carlo Magno nel 774 e la fine del “Regnum Langobardorum” in Italia settentrionale, l’unico stato longobardo indipendente rimase il ducato di Benevento. Per cui Arechi II assunse il titolo di Princeps (Principe), aggiungendo ai titoli le insegne del potere sovrano: il diadema, lo scettro, il trono dorato. Trasferì la corte a Salerno dove, tra il 770 ed il 774, costruì il Castello, la cinta muraria ed una bellissima reggia, di cui oggi sopravvive la Cappella palatina di San Pietro a corte. Arechi II evitò lo scontro diretto ed impari con Carlo Magno e con l’Imperatrice bizantina Irene, preferendo alla guerra, una fine ed intrigata diplomazia. Il 787 fu l’anno fatale per Arechi II: il Ducato di Benevento subì l’aggressione dell’esercito di Carlo Magno; il figlio minore Grimoaldo venne trattenuto come ostaggio dai franchi; soffrì la perdita del figlio maggiore, erede al trono, Romualdo; lui stesso morì il 26 agosto 787. Dopo la sua morte diventò un personaggio quasi leggendario. Nei racconti Arechi II verrà ricordato come un Principe di nobile spirito, colto, protettore di letterati e di artisti, bello ed aitante, forte e pio!!!
Adelperga, figlia di Desiderio, re dei Longobardi, e della regina Ansa, nacque verso il 740 e, giovanissima, sposò Arechi II. Suo precettore fu lo storico Paolo Diacono. Le capacità di Adelperga andarono ben oltre il campo delle lettere e della filosofia. Infatti, alla morte del marito Arechi II nel 787, dovette reggere le sorti del ducato, che con lucidità e determinazione riuscì a salvare dalle mire di suo fratello Adelchi, alleato dei Bizantini. Inoltre convinse Carlo Magno a liberare il figlio Grimoaldo, ostaggio in Francia, per permettergli di succedere al padre nella reggenza del ducato. Incerta è la data della morte di Adelperga, probabilmente morì senza riuscire a vedere l’inizio del nuovo secolo. Sostenne il figlio Grimoaldo nel governo del ducato, trasmettendogli quella fierezza e quella risolutezza che avevano contraddistinto il suo animo e quello di Arechi II.


Carlo Magno (Regno Franco, 2 aprile 742 – Aquisgrana, 28 gennaio 814).
Figlio di Pipino il Breve e di Bertrada di Laon, divenne Re dei Franchi alla morte di suo padre (768). Nel 774 Carlo Magno, su pressione di Papa Adriano I, scese in Italia e sconfisse il Re dei Longobardi Desiderio (756-774). Questo episodio decretò la fine del “Regnum Langobardorum” in Italia settentrionale e Carlo Magno assunse il titolo “Gratia Dei rex Francorum et Langobardorum”(Per grazia di Dio re dei Franchi e dei Longobardi). La mattina del 25 dicembre dell’anno 800 a Roma, Papa Leone III, succeduto ad Adriano I, incoronò, nella chiesa di San Pietro, Carlo Magno “Patricius Romanorum” (Imperatore dei Romani). Quel lontano Natale nacque ufficialmente il Sacro Romano Impero. Il nuovo centro di gravità del potere politico si spostò da Roma ad Aquisgrana, dal Mediterraneo all’Europa del Nord. Ormai Carlo Magno regnava da Barcellona alle steppe ungheresi, dal Mare del Nord fino a Benevento. Fu definito “Rex Pater Europae”(Padre dell’Europa) ed apparve agli stessi contemporanei come il degno capo della società occidentale, romano-germanica e cristiana, onde l’appellativo di Magno. Carlo Magno si sposò cinque volte e morì il 28 gennaio dell’814 nel suo palazzo di Aquisgrana.

Irene, Imperatrice d’Oriente (Atene 752 circa – Lesbo 803). Sposò l’imperatore bizantino Leone IV, che avvelenò nell’anno 780, assumendo la reggenza del trono a nome del figlio minorenne Costantino VI. Irene, devota alle icone, fece convocare da Papa Adriano I un concilio a Nicea (787) per bandire e sconfiggere l’iconoclastia, ristabilendo la venerazione delle icone. Allontanata dal trono (790), vi ritornò l’anno successivo e regnò insieme al figlio sino al 797. Anno in cui, con un colpo di stato, detronizzò e, crudelmente, accecò il figlio Costantino VI.
Si autoproclamò “Autocrate dei Romani”, diventando l’unica donna ad assumere il titolo imperiale maschile. Quando Papa Leone III incoronò Carlo Magno, Imperatore del Sacro Romano Impero, ella si rifiutò di cedere il titolo d’Imperatore al Re Franco, considerando l’incoronazione un atto di usurpazione di potere. Per cui Carlo Magno le propose di sposarlo, cercando di unificare gli Imperi di Occidente e di Oriente. Il Vescovo di Amiens nella primavera dell’anno 802 si recò a Bisanzio per discutere il patto nuziale, ma dopo pochi giorni dal suo arrivo, l’Imperatrice Irene fu deposta da una rivolta di palazzo e relegata in un convento nell’isola di Lesbo, dove morì nell’anno 803.

Papa Adriano I (Roma 700 – Roma 25 Dicembre 795).
Fu Diacono durante il pontificato di Papa Stefano III, alla cui morte venne acclamato Papa e consacrato il 9 febbraio 772. Il suo pontificato si svolse nel periodo storico dell’affermarsi del potere di Carlo Magno (742-814) e del tramonto del potere longobardo su Roma e sull’Italia, durato oltre due secoli. Papa Adriano I fu una personalità multiforme, con una politica condotta tra numerose alleanze e continue richieste di aiuti militari. Subito dopo la sua consacrazione, lo Stato Pontificio venne invaso da Desiderio, Re dei Longobardi, per cui si trovò costretto ad invocare l’aiuto dei Franchi. Carlo Magno, Re dei Franchi, entrò in Italia con una grossa armata, assediò ed espugnò Pavia, capitale longobarda, e mandò in esilio Re Desiderio. Papa Adriano I è da considerarsi tra i fondatori del potere temporale della Chiesa. Morì il 25 dicembre 795 e fu sepolto nella chiesa di San Pietro a Roma.


I Bizantini fondano “Acropolis”.
Giustiniano, Imperatore d’Oriente, nell’anno 535 affidò a Flavio Belisario (Germania 500 circa – Costantinopoli 565), uno dei più grandi generali bizantini, il comando della guerra contro i Goti, svoltasi nel Regno d’Italia. Il Generale Belisario, dopo aver sottomesso la Sicilia, invase la penisola italica. Salpando da Messina fece rotta verso Reggio Calabria e quindi si diresse, con il suo reggimento di fanteria dei Regii, verso Napoli, non trovando quasi alcuna opposizione gotica durante il suo tragitto. Belisario, nell’anno 536, assediò Napoli per 20 giorni, per poi conquistarla e saccheggiarla. In seguito conquistò Roma, dove venne acclamato come il liberatore della città. Dopo l’occupazione di Ravenna (maggio 540), il Generale Belisario fu richiamato da Giustiniano a Costantinopoli, dove portò anche il Re dei Goti, Vitige ed il tesoro di Teodorico. Il Generale Belisario ritornò in Italia (544-548) dove la situazione era mutata rapidamente. I Goti guidati da Totila erano riusciti, fra il 541 ed il 544, a rioccuparla quasi del tutto. Il Generale Belisario era sbarcato in Italia, con forze scarsissime e senza mezzi finanziari che gli consentissero l’arruolamento di nuovi soldati. Rendendosi conto della difficoltà dell’impresa, nell’estate del 545 scrisse all’Imperatore Giustiniano: « Sono arrivato in Italia senza uomini, cavalli, armi e soldi. Le province non possono fornire entrate, sono occupate dal nemico; e il numero delle nostre truppe è stato ridotto da larghe diserzioni ai Goti. Nessun generale potrebbe aver successo in queste circostanze. Mandatemi i miei servitori armati e una grande quantità di Unni e di altri Barbari, e inviatemi del denaro». (Procopio, De Bello Gothico, III, 12 ). Ma le sue richieste furono sottovalutate e scarsamente esaudite. Così Belisario fu lasciato per quattro anni a logorarsi in varie battaglie. Più volte attraversò l’Italia da Ravenna a Roma, da Roma a Messina, da Messina a Rossano senza ottenere alcun reale successo. Alla fine, sfiduciato ed ammalato, ottenne di essere esonerato dal comando e richiamato a Costantinopoli.
E’ probabile che la fondazione del kastrum di Acropolis (Città posta in alto) sia avvenuta tra il 535 d.C., data dell’inizio della guerra greco-gotica ed il 548 d.C., quando si concluse la seconda esperienza del Generale Belisario contro i Goti. Comunque la testimonianza concreta sulla presenza di una fortezza cristiano-bizantina è documentata dall’epistola “Gregorius Felici Episcopo de Acropoli” spedita nel luglio del 592 d.C. dal Papa S.Gregorio Magno al Vescovo di Paestum Felice, rifugiatosi nel kastrum di Acropolis per difendersi dagli assalti delle bande longobarde di Zotone. L’epistola conferma anche la presenza di una comunità cristiana e quindi la probabile esistenza della chiesa dei SS. Pietro e Paolo.


La battaglia religiosa tra i cristiano-bizantini e i mussulmani-saraceni
Per circa 350 anni, Acropolis fu il centro del potere politico, amministrativo, religioso ed economico del territorio compreso tra il fiume Sele ed il golfo di Policastro. Avendo perso, sia Paestum che Velia, la loro importanza politico-economica, Acropolis rimase l’unico baluardo difensivo cristiano-bizantino nel Golfo di Salerno. Fortezza nata per difendere il porto naturale della Licina, dove attraccava la potente flotta bizantina, ebbe un primo impianto fortificato a pianta triangolare, che inglobò, distruggendoli, i precedenti edifici di età greca. Secondo Piero Cantalupo: “(…) La fortezza fu realizzata con una cinta muraria di circa due metri di spessore, che si chiudeva a spigolo vivo negli angoli nord e sud, in modo da rendere superfluo l’impiego di torri angolari, mentre era aperta all’angolo ovest per ospitarvi l’ingresso (…)”. Dopo l’edificazione del kastrum, Acropolis crebbe rapidamente, richiamando buona parte della popolazione, dispersa nelle campagne dalla guerra greco-gotica, attratta dalla fortezza, diventata uno dei luoghi più sicuri ed inattaccabili della regione.
La resistenza di Acropolis ai violenti assalti ed assedi succedutesi nei vari secoli, fu possibile grazie alla formidabile fortificazione della città, che di anno in anno veniva rafforzata ed all’impiego del “fuoco greco”. Inventato da un architetto ebreo di lingua greca, Kallinikos di Eliopoli, il fuoco greco era una miscela di petrolio, calce viva, pece, zolfo, salnitro, fosforo e nitrato di potassio che s’incendiava al semplice contatto con una superficie infiammabile e non poteva essere spento con l’acqua. Il fuoco greco veniva versato dalle mura del kastrum addosso ai nemici, lanciato a distanza in piccoli recipienti mediante una balista (balestra) o scagliato con dei sifoni. I Bizantini lo usarono soprattutto nelle battaglie navali: i sifoni, montati appositamente sulla prua delle navi, permettevano di soffiarlo sulle imbarcazioni nemiche, come i moderni lanciafiamme.
Nell’876, dopo circa 350 anni, il castello cristiano-bizantino di Acropolis cadde sotto le scimitarre dei Saraceni Abbasidi, provenienti dal ribat di Punta Licosa. In una cruenta e sanguinosa battaglia religiosa tra i cristiano-bizantini e i mussulmani- saraceni, dopo giorni di assedio, gli infedeli riuscirono a penetrare nel kastrum mettendolo a ferro e fuoco, massacrando la maggior parte degli uomini, violentando le donne, uccidendo bambini, saccheggiando le case, gli empori e la chiesa dei SS. Pietro e Paolo. I pochi agropolesi, che riuscirono a scampare alla strage, fuggirono nell’entroterra, nascondendosi nelle selve e nelle caverne in località inaccessibili, ove presero a vivere miseramente in mezzo a disagi e a sofferenze d’ogni genere. L’occupazione Saracena di Acropolis durò fino agli ultimi mesi dell’889, giacché, perso l’appoggio dell’esercito napoletano per la morte del Vescovo-Duca Atanasio II, loro fidato alleato e protettore, si trovarono da soli ad affrontare l’esercito bizantino. Seguirono mesi di assalti portati dai Bizantini, via mare e via terra, alla fortezza di Acropolis, fin quando i Saraceni decimati, isolati e senza rifornimenti, abbandonarono il kastrum e si rifugiarono nel ribat del Garigliano. Dopo tredici anni, i bizantini erano ritornati nella loro Acropolis.

(787 d.C.) Acropolis al centro di un intrigo internazionale
Nell’anno 787 d.C., il dominio dei Franchi si estendeva sul Settentrione d’Italia, ma aveva ingerenza anche a Sud della penisola sul vasto Principato di Benevento. All’Impero Bizantino (Impero romano d’Oriente) non restavano oramai che la Sicilia (comprese la Sardegna e la Corsica), la parte estrema della Calabria, la minuscola terra d’Otranto, il kastrum di Acropolis e, nominalmente, il Ducato di Napoli, Amalfi, Gaeta e Sorrento. Alla Stato Pontificio toccavano l’antico Esarcato di Ravenna e la parte occidentale della Toscana fino a Piombino. Mentre Arechi II, Principe longobardo di Benevento, manteneva salda la propria autorità, pur dovendo subire l’influenza di Carlo Magno. Ma quell’anno, il Re Franco decise di varcare i confini d’oltralpe e marciare verso il sud della penisola, per risolvere le controversie fra Arechi II e Papa Adriano I.
Da questo momento inizia una rapida sequela di, segreti ed intrigati, giochi di potere che coinvolsero Acropolis.
Arechi II, intimorito dall’arrivo di Carlo Magno, inviò a Roma suo figlio Romualdo per omaggiare il Re Franco con dei doni e per offrirgli la sua totale sottomissione. Ma Carlo Magno tenne come ostaggio Romualdo e marciò con l’esercito verso il principato longobardo. Arechi II si rifugiò nella roccaforte di Salerno e chiese il titolo di Patrizio all’Imperatrice Bizantina Irene, sia per garantirsi l’alleanza, sia per potersi impadronire degli ultimi territori bizantini nell’Italia del sud. Contemporaneamente invocò la pace a Carlo Magno, che si era fermato a Capua per sferrare l’attacco finale. Il Re Franco decise di sospendere la missione militare e di concedergli la pace, imponendogli però condizioni molto dure ed obbligandolo a prestare giuramento di fedeltà e di obbedienza alla sua corona. Come garanzia del rispetto del trattato, Arechi II fu costretto a consegnare dodici ostaggi tra i quali i figli Grimoaldo ed Adalgisa, ottenendo in cambio la liberazione del primogenito Romualdo. Carlo Magno, nell’aprile dello stesso anno, ritornò in Francia, mentre Arechi II, dopo aver sofferto il 21 luglio la perdita del figlio Romualdo, morì il 26 agosto a Salerno.
A dicembre, l’imperatrice Bizantina Irene, non essendo a conoscenza della morte di Arechi II, inviò un’ambasceria a Salerno capeggiata da Teodoro, Patrizio stratega di Sicilia, e da due Spatharii imperiali, per portare ad Arechi II la nomina a Patrizio imperiale, le insegne e gli indumenti propri della dignità. Contemporaneamente era a Benevento, dopo le trattative svoltesi a Salerno, una missione incaricata da Carlo Magno di perfezionare le clausole del trattato tra Adelperga, vedova di Arechi II, e Papa Adriano I. I componenti della missione erano il Diacono Attone; l’Abate di S.Dionigi, Maginardo; il Diacono Giuseppe; il Conte Liuderico; l’hosterarius Goteramno. In quel momento, lo sbarco a Salerno di una delegazione bizantina avrebbe fatto fallire le trattative con i franchi, per cui Adelperga invitò, segretamente, i messi imperiali Bizantini a sostare e ad attendere la partenza della delegazione franca, nella fortezza di Acropolis. Giunto nel kastrum agropolese il Patrizio Teodoro apprese della morte di Arechi II e del figlio Romualdo.
Sulla data dell’arrivo dell’ambasceria bizantina ad Acropolis abbiamo due ipotesi: Pietro Ebner nel suo libro “Chiesa, Baroni e Popolo nel Cilento” (volume I) scrive che: “ (…) patrizio e stratega di Sicilia, Teodoro sbarcò in un momento imprecisato ad Agropoli, testa di ponte ancora bizantina (…)”. Questo fa supporre che potrebbe essere, in base alla sequenza degli accadimenti, dicembre; Piero Cantalupo nel suo libro “Acropolis”, indica decisamente il mese di dicembre come arrivo nel kastrum.
Trascorrevano i giorni e, per le ostilità trovate a Benevento, la missione franca andò via, ma prima di partire, Adelperga chiese al Diacono Attone il suo interessamento affinché Re Carlo Magno liberasse il suo secondogenito Grimoaldo, trattenuto in Francia come ostaggio e, allo stesso tempo, che lo nominasse successore del padre Arechi II.
Dopo la repentina partenza della missione franca da Benevento, Adelperga inviò tra il 19 ed il 20 gennaio 788, una delegazione armata ad Acropolis per scortare la l’ambasceria bizantina (terreno itinere) a Salerno. Le trattative durarono tre giorni e si convenne che se Grimoaldo, ostaggio di Carlo Magno, fosse stato liberato e riconosciuto successore del padre Arechi II, avrebbe mantenuto gli impegni paterni riconoscendo la sottomissione del principato di Benevento all’Impero Bizantino. L’ambasceria fu poi scortata nella Napoli bizantina, dove attese le decisioni di Carlo Magno. Papa Adriano I intuito l’intrigo che si stava consumando, inviò una serie di lettere a Carlo Magno. In due lettere, riportate dal Codex Carolinus, il Papa lo metteva in guardia sulla presenza di un’ambasceria bizantina ad Acropolis e del successivo incontro con Adelperga. Ma Re Carlo Magno, dopo aver fatto fare a Grimoaldo un giuramento di fedeltà, lo rimpatriò e ne autorizzò la successione al padre Arechi II.

Natale Bizantino
La presenza dell’ambasceria bizantina ad Acropolis, nel Natale del 787, mi porta a pensare che nella Chiesa dei SS. Pietro e Paolo si tennero delle solenni celebrazioni, alle quali presenziò anche il Vescovo Pestano, oramai stabilitosi nel kastrum. Funzioni religiose speciali giacché per la prima volta, dopo 70 anni di lotte iconoclastiche, furono esposte le immagini dei Santi e della Madonna.
Nel 717 Leone III (717-741) si impadronì del trono bizantino rivoltandosi al precedente imperatore Teodosio III. In quegli anni iniziò la cosiddetta Iconoclastia, un movimento cristiano che combatteva l’adorazione delle immagini sacre. L’Iconoclastia spinse l’Impero, a causa delle dispute interne, sull’orlo di una guerra civile e causò delle rivolte antibizantine in Italia. Nel 754 Costantino V succeduto al padre Leone III ordinò la distruzione delle immagini sacre nelle chiese e la loro sostituzione con immagini di argomento profano. Dopo il breve regno di Leone IV (775-780), il trono fu assunto da Costantino VI (780-797) sotto la reggenza della madre Irene. Quest’ultima, devota alle icone, fece convocare un concilio a Nicea (settembre-ottobre 787) che condannò come eretica l’iconoclastia ristabilendo la venerazione, ma non l’adorazione delle icone e scomunicando gli iconoclasti. Quindi, dopo il Concilio di Nicea, anche nella Chiesa dei SS. Pietro e Paolo ritornarono sull’altare le immagini sacre. Per cui il Natale del 787 fu speciale…il primo Natale Bizantino dopo l’Iconoclastia.
Questa importante testimonianza storica, insieme a tante altre già documentate,
ci confermano la necessità di realizzare nel Castello di Agropoli un “Museo Civico”. Museo polifunzionale aperto alle varie forme di arte con eventi, mostre ed esposizioni. Le sale espositive ospiterebbero una mostra permanente dei numerosi reperti archeologici ritrovati nel territorio agropolese, nonché una biblioteca storica. In primo piano, quale momento di attrazione Archeologica-Turistica, l’esposizione delle Tombe Lucane di Agropoli e Paestum, con le scene dipinte raffiguranti le lotte dei gladiatori, il ritorno del guerriero, ecc. ed i ricchi corredi funebri. Con la realizzazione nel Borgo Antico del Parco Archeologico-Ambientale “Acropolis si svilupperebbero una serie di benefici, legati ai flussi turistici che confluirebbero nel nostro territorio, utili per sostenere la rinascita culturale-sociale e per produrre nuove opportunità economiche. Su Facebook è nato un gruppo con oltre 1300 persone che condividono il progetto e ne stimolano l’attuazione, perché ritengono che sia giunto il momento di recuperare, salvaguardare, conservare ed utilizzare i nostri beni archeologici per incentivare lo sviluppo Storico-Culturale-Sociale-Economico di Agropoli.
Fonti:
“ Codex Carolinus”
“I bizantini e la guerra. L’età di Giustiniano” di Giorgio Ravegnani.
“Carlo Magno in Italia e la fortuna dei libri di cavalleria” Atti di convegno, curatori Bartuschat e Strologo.
“Adelperga da Pavia alla corte di Arechi II” Dorotea Memoli Apicella.
“I saraceni in Italia” Rinaldo Panetta.
“Chiesa, Baroni e Popolo nel Cilento” (volume I) Pietro Ebner.
“Acropolis” Piero Cantalupo.

Condividi questo articolo
Exit mobile version