C’è chi la considera una “trovata pubblicitaria”
La Dieta Mediterranea è riconosciuta da tutti come uno stile di alimentazione sano, capace di far vivere bene e a lungo. Sono molti gli studi che lo dimostrano eppure non mancano tesi contrastanti. La più dura a riguardo proviene dal dietologo più avversato e chiacchierato del momento, il Farmacista Alberico Lemme. Dopo numerosissime comparse in diversi programmi TV di rilievo nazionale, Lemme ha acquisito sempre maggior fama, non solo per aver fatto dimagrire, a suo dire, ben quattordicimila persone in tempi davvero brevi e senza effetti collaterali, ma anche per il suo modo di porsi, davvero inusuale e fuori dagli schemi. Proprio in uno dei salotti televisivi Lemme è stato protagonista di un acceso dibattito con il presidente del Parco del Cilento Tommaso Pellegrino avente ad oggetto propria la Dieta Mediterranea. Quest’ultima è stata criticata anche nel libro del farmacista, edito da Mondadori ed intitolato:”La Rivoluzione Dimagrante”. In un apposito paragrafo si precisa che la Dieta Mediterranea, così come la conosciamo, sia il frutto di una vera e propria “trovata commerciale” .
Un fondo di verità c’è in queste parole. Nel 1981, infatti, parti una campagna sovvenzionata dal Ministero dell’Agricoltura, con allora il sottosegretario Fabio Fabbri, che investì 500 milioni di vecchie lire per promuovere uno stile di vita “italiano” chiamato appunto “Dieta Mediterranea”. Nel 2010, inoltre, l’Unesco riconobbe la Dieta Mediterranea Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità. La stessa comunità scientifica internazionale ha sostenuto i benefici della Dieta Mediterranea eppure non tutti sono d’accordo. Chi contesta la Dieta Mediterranea ricorda infatti che gli studi di Ancel Keys avevano come oggetto per lo più dei poveri pescatori che conducevano una vita frugale e che mangiavano tozzi di pane integrale di segale e materie prime di alta qualità (come il pesce fresco appena pescato). Oggi giorno invece si consumano in maniera massiccia farine raffinate le quali hanno effetti ingrassanti paragonabili a dei pezzi di torta, a dispetto delle loro calorie. Quindi proprio Lemme puntualizza di non essere contrario ai prodotti della dieta mediterranea, bisogna però imparare a distinguerli – sostiene – dai prodotti proposti dalla distribuzione industriale, cioè quelli edulcorati e pieni di conservanti. Ancora più importante sarebbe comprendere le meccaniche biochimiche che questi cibi inducono attraverso gli ormoni che vanno a stimolare. Perché secondo Lemme anche il concetto di caloria è ormai un luogo comune superato e del quale bisogna assolutamente disfarsi. La caloria infatti misura la quantità di calore espresso dal cibo quando esso viene bruciato. Ma poiché nel nostro organismo il cibo introdotto non è mai soggetto a combustione ma soltanto ad altri tipi di reazioni chimiche, è del tutto irrilevante conteggiare le calorie. Una teoria chiaramente è validata solo dai fatti, ed ecco spiegato come mai, seguendo il percorso di Lemme, si possa sperimentare sulla propria pelle che i grassi non facciano ingrassare pur avendo un valore calorico molto più alto degli zuccheri (9 calorie dei grassi contro 4 degli zuccheri per grammo).
Ma le critiche non finiscono qui. Nel 2003 visto l’aumento del numero delle persone in sovrappeso il ministero della Salute attraverso il D.M. del 1-09-2003 affidò ad un gruppo di esperti il compito di elaborare un nuovo modello di riferimento, dando origine a quella che oggi conosciamo come la piramide alimentare italiana. Il consiglio è quello di consumare in misura maggiore gli alimenti presenti alla base della piramide (Cereali, vegetali, frutta e legumi), e, via via in misura minore quelli presenti al salire della stessa, limitando il più possibile quelli presenti in cima (carni, burro, cereali raffinati). Il problema è che le patologie di obesità, di colesterolemia e diabete non soltanto diventano sempre più diffuse, ma interessano anche chi, più di ogni altro, rispetta le regole della piramide. Molti vegetariani infatti sono affetti dalle patologie menzionate sopra nonostante si alimentino principalmente con i cibi maggiormente consigliati, per intenderci, quelli posti alla base della piramide. Questo costituisce, secondo i critici della Dieta Mediterranea, una ulteriore prova che il consumo di alimenti dal basso valore calorico (come la frutta) non trovi alcun riscontro reale con il dimagrimento, preservando il rischio delle relative complicazioni dovute al sovrappeso. Contrariamente è evidente che lo zucchero faccia ingrassare (per via del glucosio contenuto nella frutta).
Infine uno studio pubblicato nel 2006 di Godman & Gilman (considerato una sorta di vangelo della farmacologia ed adottato da dalle migliori università americane ed europee) spiegava che “L’obesità deriva da un bilancio calorico positivo. In maniera ottimale, la perdita di peso di ottiene con un graduale aumento del consumo di energie combinando l’esercizio fisico con una dieta, in modo da ridurre l’apporto calorico. Questo approccio logico mostra un tasso di successo relativamente basso. Di conseguenza si sono sviluppate forme di trattamento alternative, inclusi interventi chirurgici o farmacologici, nel tentativo di aumentare la capacità di ottenere e mantenere la perdita di peso”.
Sostanzialmente chi critica la Dieta Mediterranea evidenzia come si continui a ripetere che bisogna diminuire le calorie e fare attività fisica, ma si ammette che non funziona tanto bene, anzi che i risultati sono addirittura molto bassi. Di qui l’accusa: “la versione teorica ufficiale è piuttosto contraddittoria”.