Nel Castello nasce il Museo dei Gladiatori Lucani

Alla ricerca dei tesori di Agropoli....la scoperta delle Tombe Lucane di c.da Vecchia e c.da Moio

Di Ernesto Apicella

Alla ricerca dei tesori di Agropoli….la scoperta delle Tombe Lucane di c.da Vecchia e c.da Moio

Il 19 aprile del 1967, in c.da Vecchia di Agropoli, un contadino stava arando il campo agricolo di cui era colono quando, improvvisamente, dovette bloccare il suo aratro perché aveva urtato delle pietre, nascoste da pochi centimetri di terra. Iniziò a scavare per rimuoverle, ma il terreno cedette sotto i suoi piedi, facendolo sprofondare in un anfratto. Fortunatamente era illeso e, ripresosi dallo spavento, guardandosi intorno, in quel poco di luce che trapelava tra la polvere, con grande stupore notò di essere caduto in una sorta di camera, ricca di vasellame e con le pareti dipinte. Si ricordò che qualche giorno prima aveva assistito al ritrovamento di una decina di tombe, giù a valle, in c.da Muoio. Per cui, dopo essersi faticosamente liberato da terra e pietre, lento pede si mosse per avvisare Andrea Guida, coordinatore degli scavi. Il Guida, dopo aver dato una breve occhiata all’interno di quel manufatto, subito ne intuì l’importanza, per cui telefonò a Mario Napoli, Soprintendente dei Beni Archeologici di Salerno, che, il giorno seguente, si recò in c.da Vecchia. Il 22 aprile il quotidiano “Il Roma” così titolava l’articolo: “Un Tempietto Greco viene alla luce nel corso degli scavi ad Agropoli”. In realtà si trattava di una bellissima ed importante tomba lucana bisoma a camera dipinta. Il professore Mario Napoli intervistato dalla rivista “Nuovo Sud” alla domanda: “Qual’è l’importanza di questo ritrovamento?”. Rispose: “Innanzitutto esso può illuminarci sulla storia e sulla cultura dei Lucani. (…) Ma soprattutto i dipinti che abbiamo ritrovato sulle grandi lastre, sono testimonianze della pittura Lucana. Questa pittura, insieme a quella Greca – di cui il Tuffatore è l’esempio più fulgido –, potrà essere motivo interessante per un maggior richiamo di Paestum nel Mondo”.

I Lucani conquistano Paestum
Strabone di Amasya,Turchia (n.65 a.C. – m.23 d.C), storico-geografo, è la fonte antica della nostra storia. Egli ci racconta che i Lucani erano gente di stirpe sannitica che, dopo aver vinto in battaglia i Poseidoniati, avevano conquistato Poseidonia. Strabone non menziona la data della conquista che, in base alle testimonianze archeologiche, dovette verificarsi intorno al 420-400 a.C.. Attraverso lo studio di alcune tombe, gli archeologi ritengono che a Poseidonia, già da almeno tre decenni, fossero presenti gruppi di italici. Questo è probabile perché, nella seconda metà del V secolo a.C., Poseidonia era impegnata contro Elea, in una dura e travagliata guerra. Per cui si alleò con i Lucani, ai quali concesse l’insediamento in alcune aree periferiche urbane e l’uso della terra per seppellire i morti. Dunque è presumibile che la battaglia menzionata da Strabone, non sia altro che un’azione politico-militare che oggi chiameremmo “colpo di Stato”. Cioè una mera sostituzione della sola classe dirigente greca, con una forte e ristretta aristocrazia lucana. Di fatto un’oligarchia di governo che dominava una cittadinanza rimasta ellenica sul piano culturale, linguistico e religioso. A partire dal 360-50 a.C. i Lucani iniziarono un’occupazione stabile del territorio extra urbano, costruendo numerose fattorie rurali che, oltre alla tradizionale cerealicoltura, svilupparono le colture arboree della vite e dell’ulivo. In esse viveva l’intero nucleo familiare e ad ogni fattoria era associata una piccola necropoli. Alcune di queste fattorie rurali erano localizzate nel territorio agropolese. Con l’arrivo dei Romani (278-273 a.C.), parte della popolazione lucana extra urbana fuggì, lasciando le fattorie all’abbandono del tempo e all’oblio della memoria.

Le Tombe Lucane di c.da Moio e c.da Vecchia

Il IV secolo a.C. è uno dei momenti storici meglio rappresentato ad Agropoli, grazie ai rinvenimenti funerari Lucani delle contrade: Torre e Colle S. Marco, Cupa, Marrota, Madonna del Carmine, Vecchia e Muoio. Nell’aprile del 1967, in c.da Moio furono ritrovate, casualmente, in un terreno pianeggiante di proprietà Serra, dieci tombe lucane contenenti un ricco corredo funebre ceramico realizzato dall’officina pestana di Assteas-Python. Qualche giorno dopo, in località c.da Vecchia, in modo fortuito, fu scoperta un’importante tomba lucana bisoma a camera dipinta e relativo corredo funebre. Gli scavi dei due siti furono effettuati da un gruppo di operai di Paestum, sotto la direzione del Soprintendente Mario Napoli e dell’assistente Andrea Guida, il quale disegnò e fotografò gli interventi. Emanuele Greco e Angelo Bottini nella monografia “Tomba a camera dal territorio pestano: alcune considerazioni sulla posizione della donna” (1974-75), presentarono il loro studio sulla tomba lucana di c.da Vecchia ed ecco alcune considerazioni finali: “La problematica connessa con il monumento che stiamo esaminando, non può naturalmente prescindere dal contesto territoriale del quale la tomba fa parte, escluso a priori che possa trattarsi di una necropoli urbana, abbiamo cercato sul terreno tracce di insediamenti da poter mettere in relazione con la tomba. A circa 100 mt. a SE della tomba, abbiamo rinvenuto una vasta area con cospicui resti di tegole, pithoi e ceramica comune che ci sembra, ad oggi, di poter riferire al monumento funerario. Possiamo ora ipotizzare che c.da Vecchia era occupata da una fattoria con la sua necropoli, elemento non isolato, ma probabilmente inserito in un contesto di insediamenti legati allo sfruttamento del suolo. Anche la scoperta di un nucleo in c.da Moio di 10 tombe dovrebbe rientrare in questo quadro(…)”. E’ probabile che, in base alla qualità dei dipinti e all’importanza dei corredi funebri delle tombe, i proprietari delle due fattorie fossero degli eminenti esponenti aristocratici dell’oligarchia lucana che reggeva Poseidonia-Paistom.

Tombe Lucane di c.da Moio

Nella prima decade di aprile del 1967, in un terreno pianeggiante di proprietà Serra, furono ritrovate dieci tombe lucane (350-320 a. C.). Il ritrovamento avvenne casualmente, mentre si stava realizzando la strada interpoderale per collegare c.da Moio alle colline circostanti. Fortunatamente buona parte dei corredi funebri furono recuperati. Purtroppo le lastre tombali furono danneggiate e quindi perdute. I ricchi corredi funebri hanno una notevole importanza archeologica, giacché il materiale ceramico è tutto attribuibile all’officina pestana di Assteas-Python. Ad eccezione di quello appartenente alla tomba 8, attribuibile ad uno dei pittori della più tarda produzione. Delle Tombe almeno sei sono state identificate come tipicamente maschili per la presenza di cinturoni di bronzo e di lame di pugnali di ferro (la tomba 6 conservava anche i frammenti di una corazza) e, delle restanti quattro, tre sono invece deposizioni femminili, caratterizzate dalla presenza di lebeti nuziali, hydria e di monili, come collane e fibule d’argento (tomba 8). Una parte del corredo ceramico funebre è esposto nell’Antiquarium di Agropoli.

Tomba Lucana di c.da Vecchia

La tomba lucana bisoma a camera dipinta di c.da Vecchia (350-320 a.C.), scoperta casualmente il 19 aprile del 1967, è esposta, insieme al corredo funebre, nel Museo Archeologico di Paestum. Al momento del ritrovamento era orientata NE/SO, con accesso a SO. E’ del tipo a camera con doppio spiovente, in travertino locale ed era suddivisa in due parti da un tramezzo di basse lastre. Sulla parete di fondo era addossato il letto funebre con la sepoltura maschile, mentre sulla parete divisoria era appoggiato il letto funebre della sepoltura femminile. Le pitture funerarie lucane, caratteristiche del ceto emergente, che si identificava nel ruolo del Guerriero, furono eseguite secondo una tecnica che prevedeva la messa in opera dei blocchi delle pareti, poi la stuccatura e l’intonacatura, infine la decorazione. Sulla parete di destra (est) troviamo il dipinto, quasi scomparso, di una Quadriga in corsa. La corta parete di fondo, il cui dipinto è in parte danneggiato, è decorata con il ritorno del guerriero a cavallo, armato di tre lance e scudo, protetto da elmo da parata e tipica corazza lucana a tre dischi. Alle spalle un prigioniero con le mani legate. Ad accoglierlo la moglie che gli porge uno skyphos, accompagnata da un ancella. Sulla parete a sinistra (ovest) un combattimento di gladiatori. In questo innovativo dipinto si intravede un nuovo stile che, pur mantenendo i vecchi canoni estetici, si arricchisce di nuove composizioni che enfatizzano, attraverso le gesta e i colori, la scena gladiatoria dipinta. Un’immagine molto dinamica, dove uno dei gladiatori sta per cadere a terra e, ferito ad un ginocchio, cerca di difendersi con uno scudo. L’altro gladiatore, alzato, gli trafigge il ginocchio sinistro con la lancia.

Il posizionamento esatto dei ricchi corredi funebri presenti nella tomba, fu ricostruito da Emanuele Greco e Angelo Bottini, grazie al disegno realizzato da Andrea Guida al momento del ritrovamento del manufatto. Nella Tomba, accanto al ruolo guerriero del cavaliere, veniva posto in evidenza quello della donna, signora dell’òikos. Infatti il corredo dell’uomo è costituito dai vasi del banchetto e del vino (Cratere, Skyphos, Kylix, Lama, Coppette a vernice nera, piatti di pesce, etc.). Quello della donna, da una Hydria, firmata da Assteas, con il mito di Bellerofonte e Stenebea; un Lebes Gamikos con Dionisio e Afrodite; un Lekane con il giudizio di Paride; monete di bronzo; frutti miniaturistici di terracotta (Uva, Fichi, Melograno), simboli della funzione materna e domestica svolta dalla donna nella società lucana.

Dai Guerrieri Lucani ai primi Gladiatori

In alcune scene del film “Il Gladiatore”, Russel Crowe, che interpretava il generale Massimo Decimo Meridio (180 d.C.), sognava di ritornare, appena terminata la guerra, nella sua fattoria agricola, dove l’attendevano la moglie ed il figlioletto. Alla figura di Massimo Decimo Meridio possiamo equiparare i condottieri lucani. Infatti, l’analisi storica fatta dagli archeologi, in base a varie testimonianze ed in particolare, analizzando i corredi funebri e le scene dei dipinti delle tombe lucane di Paestum (necropoli di Andriuolo, Arcioni, Gaudo, Laghetto) e di Agropoli (c.da Vecchia), narra che il “guerriero lucano”, al termine delle lunghe e sanguinose guerre, ritornava nella propria fattoria rurale accolto con onore dalla moglie, dalla famiglia e dalla servitù. Dismessa l’armatura di cavaliere e deposte le armi, indossava gli indumenti da contadino ed imbracciava gli attrezzi per lavorare nei campi. Alla sua morte veniva onorato con dei giochi funebri privati detti munera (dovere, dono). Questi giochi magnificavano le abili capacità di condottiero del defunto, attraverso lo svolgimento di corse delle bighe, lotte di pugilato e duelli di gladiatori.
Focus, la rivista mensile di scienza, sociologia ed attualità pubblicò nel mese di luglio 2012, una speciale monografia dal titolo: “Gladiatori, quando la morte dava spettacolo”. In uno dei numerosi ed interessanti articoli dedicati ai Gladiatori fu intervistata la Prof.ssa Luciana Jacobelli, docente di Metodologia della Ricerca Archeologica all’Università del Molise, Docente di Civiltà Romana all’Università di Milano-Bicocca, autrice del libro: “Gladiatori a Pompei”. Alla domanda: “Come divennero così popolari i giochi gladiatori?” Rispose: “In origine erano riti funerari. La traccia più antica di giochi gladiatori è stata trovata in alcune tombe di Paestum del IV sec. a.C. e probabilmente allora gli spargimenti di sangue avevano un significato simbolico legato al culto dei morti. Si chiamavano infatti Munera, cioè dovere, dono. A poco a poco, però, i combattimenti acquistarono una popolarità tale da vivere di vita propria(…)”. Sulla rivista History della BBC Italia (maggio 2013), nell’articolo “La vera storia dei Gladiatori” Gisella Pozzi, divulgatrice in materia storico scientifica, intervistò Federica Guidi, archeologa del Museo Civico Archeologico di Bologna ed autrice dei libri “Morte nell’arena” e “Leggenda dei Gladiatori” (Edizioni Mondadori). In base alla testimonianza, la Pozzi scrisse: (…) Secondo l’opinione corrente l’origine diretta dei giochi gladiatori va cercata in Campania, in particolare a Paestum. Proprio da Paestum ed Agropoli provengono le pitture funebri, databili al IV secolo a.C., che attestano il combattimento in armi tra due uomini alla presenza di un arbitro: in queste gare per onorare e placare il morto può essere vista l’origine dei munera romani(…)”.
Per avere dei riferimenti più precisi, vi traccio una Timeline sull’evoluzione storica dei gladiatori:
< 420-400 a.C.: Conquista Lucana della greca Poseidonia.
< 350-320 a.C.: Scene dipinte con giochi gladiatori sulle tombe lucane di Paestum ed Agropoli.
< 278-273 a.C.: I romani conquistarono la lucana Paistom chiamandola Paestum.
< 264 a.C.: Roma, i figli del console Giunio Bruto Pera dedicarono al padre defunto un combattimento con tre coppie di gladiatori.
< Dal 27 a.C. al 14 d.C.: l’Imperatore romano Ottaviano Augusto regolamentò i giochi gladiatori, oramai diventati un evento pubblico.
Queste date, supportate da una comprovata documentazione storica, attestano che i romani, conquistando Paistom, assorbirono le tradizioni lucane, tra le quali i giochi funebri “Munera” con i duelli dei gladiatori, che importarono a Roma. Giochi che divennero, con Ottaviano Augusto, le famose e cruenti lotte di gladiatori osannate nelle arene pubbliche dell’Impero Romano.

 

Agropoli, Museo Civico dei Gladiatori Lucani.

Da queste importanti e documentate testimonianze possiamo senz’altro ipotizzare che qui, dove noi viviamo e che un tempo fu terra dei Lucani, sono nati i primi gladiatori.
Nell’Idea-Progetto “Acropolis” Borgo-Museo all’Aperto Eco Sostenibile”, pubblicata nel marzo del 2013, ho proposto l’attuazione di un attento recupero, di una scrupolosa riqualificazione e di una adeguata valorizzazione Urbanistica, Architettonica ed Energetico-Ambientale del Borgo Antico di Agropoli. Nel successivo articolo del 30/12/2013, “Agropoli, ritrovati gli ultimi Secolari Testimoni Viventi della nostra Storia” avanzavo l’ipotesi della creazione nel Borgo Antico di un Parco Archeologico-Ambientale, da realizzarsi in collaborazione con il Ministero Italiano dei Beni e delle Attività Culturali e Turistiche.
Al centro del progetto la realizzazione nel Castello (VI sec. d.C.) di un “Museo Civico dei Gladiatori Lucani”, da realizzarsi in sinergia con il Parco Archeologico di Paestum. Un Museo polifunzionale aperto alle varie forme di arte con eventi, mostre ed esposizioni. Le sale espositive ospiterebbero una mostra permanente dei numerosi reperti archeologici ritrovati nel territorio agropolese. In primo piano, quale momento di attrazione Archeologica-Turistica, l’esposizione delle Tombe Lucane di Agropoli e Paestum, con le scene dipinte raffiguranti le lotte dei gladiatori, il ritorno del guerriero, ecc., nonché i ricchi corredi funebri.
Il Parco Archeologico-Ambientale “Acropolis” creerebbe una serie di benefici, legati ai flussi turistici che confluirebbero nel nostro territorio, utili per sostenere la rinascita culturale-sociale e per produrre nuove opportunità economiche. Su Facebook è nato un gruppo con oltre 1300 persone che condividono il progetto e ne stimolano l’attuazione, perché ritengono che sia giunto il momento di recuperare, salvaguardare, conservare ed utilizzare i nostri beni archeologici per incentivare lo sviluppo Storico-Culturale-Sociale-Economico di Agropoli.

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Si ringrazia per la collaborazione:
Parco Archeologico di Paestum, Prof. Fernando La Greca, la famiglia Guida.

Fonti:
“Tomba a camera dal territorio pestano: alcune considerazioni sulla posizione della donna” E. Greco e A. Bottini. Dialoghi di Archeologia, estratto dal Vol.VIII/2 Ed. Il Saggiatore (1974-75).
“Geografia” Strabone. “Posedonia-Paistom-Paestum”. Soprintendenza Archeologica di Salerno, Quaderni di didattica 1997. “I Lucani a Paestum” M. Cipriani, E. Greco, F. Longo, A. Pontrandolfo. Fondazione Paestum 1996 .
“Da Poseidonia a Paestum” E. Greco, G. Greco, A. Pontrandolfo. Ed. Ingegneria della Cultura.
“Le Tombe dipinte di Paestum” M. Cipriani, A. Pontrandolfo, A. Rouveret. Ed. Pandemos 2004.
“ La Magna Graecia” Jean Berard. Ed. Piccola Biblioteca Einaudi.
“ Il nuovo Museo di Paestum” Mario Napoli. Ed. Libreria dello Stato.
“ Tomba del Tuffatore” Mario Napoli. De Donato Editore.
“Paestum Romana” Mario Torelli. Ed. Ingegneria per la Cultura 1999.
“Agropoli, il suo territorio nell’antichità” a cura di Flaminia Arcuri. Ed. C.P.C. Cilento 1992.
“ Il Roma” – “Focus Storia 2012” – “Historia BBC Italia 2013”.

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