Gli avvocati: “Su questi episodi c’è ancora molto da lavorare”. Asl Salerno: mai più casi simili; ma a marzo scorso un’altra morte sospetta
Il processo per la morte di Francesco Mastrogiovanni è giunto alle battute finali. Ieri la sentenza d’appello che ha previsto sconti di pena per i medici e condannato gli infermieri, assolti in primo grado. Un anno e tre mesi ad Alfredo Gaudio, Antonio Luongo, Nicola Oricchio, Giuseppe Forino e Marco Scarano. Un anno e due mesi, invece, per i colleghi Antonio De Vita, Maria Cirillo D’Agostino, Antonio Tardio, Massimo Minghetti, Carmela Cortazzo e Raffaele Russo. Sentenza riformata, invece, per i medici Rocco Barone e Raffaele Basso (due anni rispetto ai quattro di primo grado); per Michele Di Genio (il primario del reparto all’epoca dei fatti, è stato condannato ad un anno e undici mesi, rispetto ai tre anni e sei mesi del primo grado); per Amerigo Mazza e Anna Angela Ruberto (un anno e dieci mesi rispetto ai tre del primo grado); per Michele Della Pepa (un anno e un mese rispetto ai due). Per tutti pena sospesa.
Per Michele Capano, il legale di Caterina Mastrogiovanni, sorella del maestro di Castelnuovo Cilento, soddisfazione solo parziale dopo l’esito del processo. “Come parti civili non possiamo che accogliere la sentenza con soddisfazione”, esordisce. “La tesi che era stata sostenuta in primo grado secondo la quale gli infermieri avevano soltanto obbedito ad un ordine dei medici e per questo non potevano essere responsabili della morte di Mastrogiovanni è stata ribaltata”. “C’è un abbassamento delle condanne nei confronti dei medici – ricorda però l’avvocato Capano – questo è un elemento critico nella sentenza dal momento che abbiamo lottato affinché gli infermieri venissero condannati, ma la riduzione di pena per i medici sottovaluta il ruolo che questi ultimi avevano nel reparto”. “E’ il segno – conclude il legale – che su questi temi c’è ancora da lavorare”.
Di diverso avviso Giulio Corrivetti, direttore del dipartimento di salute mentale dell’Asl Salerno per il quale, dopo la morte di Francesco Mastrogiovanni, certi episodi non ripeteranno più. Eppure, soltanto nel marzo scorso, un’altra morte sospetta si è registrata all’ospedale di Sant’Arsenio, dove Carlo Vitolo, 40 anni, era ricoverato in regime di Tso.
“Purtroppo – spiega il legale della famiglia Francesco Barone – a marzo scorso è morto un giovane ricoverato in regime di Tso all’ospedale di Sant’Arsenio, dove lavoravano alcuni dei medici implicati nella vicenda Mastrogiovanni”. “L’eseguità della pena e la sospensione dell’interdizione dai pubblici uffici non rappresenta una vittoria”, conclude.
Polemica sul caso anche Grazia Serra, nipote di Francesco Mastrogiovanni: “Continuerà a lavorare il medico che ha ordinato di legarti mentre dormivi, quello che ha deciso che non dovevi essere mai slegato, quello che ha deciso che la tua famiglia era meglio tenerla lontana da te, quello che ti ha sentito russare anche se morto da ore, quello che ha pensato che a un cadavere si potesse fare un massaggio cardiaco. Caro zio Franco, si saranno resi conto di quello che hanno fatto?”, scrive in una commovente lettera allo zio morto.