Secondo la Uil all’ospedale di Vallo della Lucania verrebbero messi a rischio lavoratori e pazienti. Lettera ai Nas e alla Procura della Repubblica
Una lettera alla Procura di Vallo della Lucania e ai NAS di Salerno per chiedere che effettuino dei controlli all’interno dell’ospedale “San Luca”. Lo chiedono Biagio Tomasco, segretario provinciale alle politiche sanitarie della Uil e il segretario aziendale del sindacato Adriano Cirillo. A finire nell’occhio del ciclone “la mal practice del cosiddetto posto letto aggiunto nelle Unità Operative dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania”. “Questa consuetudine – denunciano i sindacati – si è maggiormente aggravata con la riorganizzazione estiva del presidio ospedaliero operata dal direttore medico di presidio facente funzione, Adriano De Vita, che ha visto un depauperamento di posti letto pari a 25 unità”.
Ciò avrebbe determinato, in un territorio ad alta vocazione turistica, una minor disponibilità di posti letto rispetto alla richiesta dei pazienti afferenti al Pronto Soccorso, “con il risultato di ingolfare ancor più non solo le Unità Operative descritte in precedenza, ma anche altre unità operative che si sono ritrovate, loro malgrado, a fare da serbatoio per il Pronto Soccorso atteso che nei reparti dedicati al ricovero non sempre vi fosse un posto letto libero in quanto già si fosse ricorso, in spregio ad ogni concetto di assistenza degna di tal nome, al posto letto aggiunto”.
La situazione sarebbe ulteriormente aggravata in quanto “le dotazioni organiche dei reparti, già carenti di loro durante l’intero anno solare, risultino ancor più decrementate in virtù del periodo estivo in cui vanno garantite le ferie richieste dal dipendente”. Secondo Tomasco e De Vita, questa condizione si riflette sull’assistenza al paziente. Ma questi non sono gli unici disagi segnalati dal sindaco.
Ulteriore problema evidenziato, infatti “E’ la cattiva abitudine adottata dalla direzione sanitaria di non garantire il cambio turno, e quindi il ritorno a casa del dipendente, al termine dello stesso, cosa che nei primi sette giorni del mese corrente è accaduta con una discreta frequenza. Il tutto avviene a causa di una convinzione errata della direzione sanitaria, che in maniera unilaterale ha deciso che si possa lavorare, giornalmente, fino ad un massimo di tredici ore”. “Inoltre – aggiungono dalla Uil – la proroga di un ora richiesta più volte ai dipendenti che dovevano smontare, in assenza di un ordine di servizio, pone forti dubbi sulla liceità dell’atto, in quanto tale orario prestato oltre il normale orario di servizio non sarebbe coperto da tutela assicurativa, causando potenzialmente un danno al dipendente che già oberato da 12 ore di lavoro, non si venga a trovare nelle condizioni psico fisiche ideali per continuare l’assistenza a cui è deputato. Tanto è corroborato dal fatto che l’ordine di servizio, per sua intima natura, intimi al dipendente di violare le regole pattizie aperte con la pubblica amministrazione, cosa che fa capire quanto pericoloso per il dipendente sia trattenersi in servizio oltre il proprio orario istituzionale, sebbene in costanza di un ordine superiore. Una delle abitudini diffuse in questi casi è richiamare in servizio il dipendente che è di riposo; procedura assolutamente illegale per come viene espletata”. “Come già chiarito l’ordine di servizio deve essere a consegna certa al dipendente, essere scritto, motivato, indicare la data, provenire dalla Direzione di Presidio, avere carattere di eccezionalità ed essere consegnato con almeno 24 ore di preavviso”.
Pertanto si chiede un intervento “per sanare quella che si ritiene una disposizione pericolosa per i pazienti ed i lavoratori”.