Cilento, la ‘Passione di Cristo’ e la tradizione delle ‘congrèe’

Tra i riti della settimana santa, uno dei più suggestivi è il pellegrinaggio delle 'congrèe' agli altari della reposizione.

Di Emma Mutalipassi

Tra i riti della settimana santa, uno dei più suggestivi è il pellegrinaggio delle ‘congrèe’ agli altari della reposizione.

L’elemento religioso è così intrinsecamente legato alla storia del Cilento da non poterne essere separato. Non a caso, la monumentale e mai troppo lodata opera omnia di Pietro Ebner sulla storia di questa terra si intitola “Chiesa, baroni e popolo nel Cilento”. L’aspetto religioso nel Cilento è strettamente legato alla cultura, è un fatto culturale più che prettamente spirituale. La tradizione nelle Confraternite, gruppi di cristiani laici, che per tradizione centenaria il venerdì santo intraprendono il santo pellegrinaggio verso gli altari della reposizione, ne sono una forte testimonianza, un’identità culturale marcata per il territorio. Questa è una tradizione del Cilento Antico, o storico che comprende i paesi dell’anello del Monte Stella. Nella rivisitazione storica della passione di Cristo, il rito delle “congreghe” richiama i riti penitenziari del 1500, il percorso accompagnato dai canti tradizionali, tramandati per tradizione orale, che si differenziano di paese in paese ma anche, in alcuni casi, da famiglia a famiglia, soprattutto nella melodia come un simbolo di identità culturale di discendenza, riecheggiano l’atmosfera di mistero e di terrore della crocifissione, del pianto di Maria e della penitenza dell’uomo nell’espiare quella colpa. “Varco le soglie e vedo, un Dio sul sacro ostello, la croce ed un avello, dove Gesù morì”, questo è il canto d’ingresso presso il sepolcro, seguono canti di pianto e memoria, “Giorno di lutto è questo che non avrà secondo, si piange in tutto il mondo la morte del Signor”, e ancora nel momento della penitenza “ Ai piedi tuoi mi fermo, dei falli miei mi pento, la disciplina prendo e penitenza fo’, ed in uscita “Addio, Addio per sempre, madre ti lascio addio, ricorda l’amor mio, non ti scordar di me.” Questi sono solo alcuni dei testi dei canti trasmessi dalla tradizione, quelli che caratterizzano questo segno culturale molto forte che per anni ha rappresentato l’unico momento di scambio culturale tra i paesi del Cilento, il pellegrinaggio si svolgeva a piedi mettendo in contatto individui che pur vivendo a pochissimi chilometri di distanza non avevano molte occasioni per comunicare. Di generazione in generazione questa tradizione ha conservato questo forte valore di stretto legame tra popolo e devozione. Un interessante documento sul tema è dato dal saggio del Professor Maurizio Agamennone dell’Università di Firenze stampato nel 2008 “Varco le soglie e vedo” (ed. Squilibri), il risultato di oltre vent’anni di studi e ricerche sul campo, offre spunti interessanti non solo per gli studiosi di etnomusicologia, ma per tutti coloro i quali desiderino approfondire un aspetto, forse poco conosciuto, ma certamente decisivo della storia cilentana.

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