Niente più ospedale unico della Valle del Sele. Nuove speranze anche per l’ospedale civile di Agropoli.
La Regione Campania abbandona l’idea di realizzare un nuovo ospedale unico per la Valle del Sele (Eboli, Battipaglia, Roccadaspide, Oliveto Citra e Agropoli). Si fa largo, invece, l’ipotesi di trasformare gli attuali attualmente esistenti in poli di eccellenza.
“La situazione – avverte però Rolando Scotillo, segretario generale Fisi/Fials – potrebbe essere più complicata del previsto. Abbiamo, già da tempo, presentato una nostra piattaforma sindacale di riorganizzazione degli stabilimenti in questione determinando finanche l’algoritmo di calcolo per quantificare i costi standard del personale adottando un modello svizzero sull’assistenza ed implementando ciò che era già previsto nel Decreto Balduzzi con la previsione di livelli di intensità di assistenza. La piattaforma era ed è molto innovativa e varrebbe la pena partire con un confronto serrato cercando di trovare le soluzioni migliori per rendere la sanità provinciale più efficiente e funzionale. In questo contesto si dovrebbe pensare ad ospedali di base e ad ospedali di I livello, ipotizzando il “S. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona” come ospedale di II livello in rete con gli ospedali di base (Oliveto Citra, Roccadaspide, Agropoli) e gli ospedali di I Livello (Battipaglia ed Eboli con differenziazione) mantenendoli tutti nella rete di urgenza ed emergenza e disegnando attorno ad essi un sistema territoriale di urgenza ed emergenza che superi gli Psaut, dimostratisi finora inefficienti e dispendiosi”!.
“Altro punto da rivisitare è l’assistenza al parto – aggiunge il sindacalista – che, in provincia di Salerno, si è dimostrata fallimentare. Infatti, se al Ruggi su 1200 parti circa 840 sono parti cesareo (un numero imbarazzante che lascia perplessi e senza parole) negli ospedali della Asl la musica non cambia: la soluzione proposta sarebbe di attivare, ad esempio, centri di riferimento per il parto naturale in ospedale gestito dalle ostetriche creando un filtro attraverso i consultori familiari distrettuali ed i medici di base. Si potrebbero creare reti di assistenza e percorsi di cura che partendo da centri di accesso per gli utenti Spoke territoriali h 12 (distretto sanitario, medici di base) individuati come filtro e collegandoli a centri HUB ospedalieri di riferimento potrebbe rappresentare una soluzione alternativa alle strutture polifunzionali per la salute, da noi considerabili doppioni del distretto sanitario”.
Inoltre bisogna anche ragionare con “con il privato accreditato, al di là dei tetti di spesa, in sinergia rideterminandone la mission e gli obiettivi evitando duplicazioni e diversificando le prestazioni rese e gli investimenti: potrebbe essere inutile, ad esempio, prevedere strutture di riabilitazione pubbliche quando nel settore della riabilitazione è già totalmente presente il privato convenzionato. In questo contesto bisognerebbe far rientrare il privato accreditato nella rete di assistenza pubblica, visto che è finanziata dal pubblico, e chiedere un supporto sulla disponibilità dei posti letto e sulle liste di attesa delle prestazioni sanitarie abbattendole, così facendo, in maniera definitiva”.
“E’ oramai da anni che la nostra organizzazione – conclude Scotillo – sta proponendo questo modello innovativo che potrebbe risolvere gran parte delle problematiche, ed è oramai da anni che questo sistema è osteggiato dalle caste massoniche che hanno interessi nel non far funzionare la sanità. Speriamo che l’attuale governatore non si faccia irretire da queste caste ed apra il confronto con le parti sociali alla ricerca di soluzioni che non ci facciano più rimbalzare sui mass media solo come un popolo di fannulloni ed incapaci, ma nelle vesti di sfinge che rinasce dalle proprie ceneri”.