Attorno ad Elea-Velia si sta creando un fermento interessante anche perché, pian piano, si sta tornando a parlare del Parco archeologico come di una risorsa prioritaria per lo sviluppo del territorio, per troppo tempo abbandonata a se stessa, senza un progetto scientifico, senza un progetto paesaggistico e senza un piano di gestione; come previsto per i siti Unesco e per i Parchi archeologici. Ed Elea-Velia è entrambe le cose.
E’ di stamani la risposta della VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera all’interrogazione presentata da parte dell’On. Valiante in cui si comunica che il MiBACT sta valutando il progetto “Velia – Città delle acque” presentato alla Direzione Generale Archeologia e posto a richiesta di finanziamento nel PON Cultura e Sviluppo 2014-2020. Nella risposta della Commissione non ci sono altre indicazioni al riguardo ma il progetto dovrebbe basarsi sul restauro e sulla copertura del mosaico del frigidarium delle terme romane (che allo stato si trova oggetto d’intemperie che oltre a disperdere i tasselli hanno causato smottamenti del piano con danni irreversibili) e sul restauro e sulla copertura del complesso delle terme ellenistiche e sulla messa in sicurezza dell’area, attualmente inibita al pubblico.
C’è da guardare con curiosità a questa iniziativa e, in attesa di ulteriori notizie, approfittiamo dell’occasione offertaci dall’interrogazione per approfondire, con dati alla mano, la questione del Parco archeologico di Elea-Velia.
I dati sul 2015 pubblicati qualche settimana fa dal MiBACT illustrano come rispetto al positivo trend nazionale e campano (+7% ingressi a pagamento, +4% ingressi gratuiti, +13% d’incassi), il Parco invece riscontri un leggero calo di affluenze con un silenzioso -0,2%. Il Parco di Elea-Velia fa circa trentamila visitatori l’anno, un decimo di Paestum, un centesimo di Pompei.
A Velia abbiamo un problema – che non può essere ridotto alla proverbiale mancanza di fondi che impedisce di fare le cose – perché un problema c’è ed è anche serio se un Grande Attrattore Culturale della Regione, coi suoi circa trentamila euro d’introiti, contribuisce di un misero 0,8% ai 35,4 milioni di euro di tutta la Campania. C’è un problema ed anche serio se, nell’anno dei record per i luoghi della cultura italiani con ben 43 milioni di visitatori, il Parco di Elea-Velia, coi suoi trentamila, partecipa con un miserrimo 0,4% ai 7 milioni di visitatori della Campania. Se nel 2015 abbiamo gli stessi visitatori del ’99, se nel 2010 gli stessi del ’97 e così via discorrendo, significa che abbiamo un problema ed anche serio: non stiamo crescendo. La curva è sostanzialmente piatta. Ed è chiaro che bisogna intervenire se sui 5 milioni di turisti che vengono nel Cilento soltanto trentamila visitano il sito. Questi dati del Parco di Elea-Velia (con escursioni minime da anno in anno) sono indicatori di come le attività realizzate da venti anni a questa parte non abbiano portato, in termini di affluenze, a risultati evidenti e significativi. Il Parco non cresce.
Cosa bisogna fare?
Per crescere e creare opportunità da questa risorsa prioritaria per lo sviluppo del territorio c’è bisogno di ripensare in ottica di sistema le nostre politiche culturali. E’ necessaria una gestione strategica del Parco che ha sempre mancato di una governance strutturata, composta da istituzioni e portatori di interesse che operassero non solo coordinatamente ma anche con spirito pianificatore. Il territorio può ripartire da Elea-Velia e per fare ciò bisogna far ripartire Elea-Velia attraverso l’elaborazione Piano del parco archeologico, che non è un atto calato dall’alto del Ministero o della Sovrintendenza, ma un disegno strategico che necessita della sollecitazione e della partecipazione di tutti i portatori d’interessi.