Bruno risponde al comunicato diffuso in giornata dalla Yele su bilanci e proroga della società. “Ecco la verità dei fatti”.
Dopo la nota stampa della Yele Spa non si è fatta attendere la replica di Antonio Bruno, esponente del Pd che più volte aveva criticato la gestione della società che gestisce la raccolta rifiuti sul comprensorio, invitando il presidente Ametrano a dimettersi.
Bruno non entra nel “merito delle affermazioni sui bilanci, in quanto basta consultarli per rendersi conto della verità”, confermando che “al disavanzo di quasi 10 milioni di euro del Co.Ri.Sa/4 al 31.12.2014 si aggiunge la perdita di esercizio nel 2014 da parte della Yele Spa (quest’ultima chiudeva in perdita anche il 2012 e nel 2013 portava a bilancio un utile di esercizio grazie ad un’operazione straordinaria del Co.Ri.Sa/4)”.
Ciò su cui invece l’esponente Pd si sofferma è il futuro dei lavoratori chiamato in causa da Ametrano quale principale giustificazione per la proroga. “Il futuro dei lavoratori – dice Bruno – si garantisce assicurando continuità aziendale e mettendo in campo un serio piano di ristrutturazione industriale. Inoltre, in raccordo con le tutte le istituzioni, è fondamentale ottenere la riapertura e la riconfigurazione dell’unico, nel Cilento, impianto pubblico per la lavorazione dei rifiuti situato a Vallo Scalo. L’attuale governance fino ad oggi non ha fatto nulla di tutto ciò.
“E’ ora di parlare un linguaggio chiaro – precisa Antonio Bruno – non è più rinviabile la riconfigurazione dell’intero sistema di gestione dei rifiuti. Presto ci sarà una nuova legge regionale sul ciclo dei rifiuti e bisogna arrivare preparati al cambiamento. Lavoro e servizio economico ed efficiente possono coesistere. Siamo in un Parco Nazionale e sul tema dei rifiuti dovremmo essere un modello di sostenibilità. Oggi non lo siamo”.
“Chi, attraverso operazioni discutibili e che saranno oggetto di ulteriori sviluppi, afferma di difendere i lavoratori – conclude Bruno – in realtà sta semplicemente difendendo la propria posizione di potere utilizzando i lavoratori come scudo.