In centinaia attraverso i social network chiedono a gran voce la riproposizione dell’evento “L’Assalto dei Turchi” che rievoca una pagina di storia agropolese.
AGROPOLI. Su Facebook nasce un gruppo per chiedere che in città sia riproposta la storica manifestazione “L’Assalto dei Turchi ad Agropoli del 29 Giugno 1630” e la “Leggenda della duchessa Testene”. L’iniziativa, nata da un gruppo di agropolesi, punta a sensibilizzare l’amministrazione comunale e gli organizzatori affinché l’evento ideato da Ernesto Apicella ritorni già dalla prossima estate. La rievocazione storica si è svolta per XII edizioni, fino al 2006, diventando un appuntamento attesissimo delle estati agropolesi. Nonostante siano passati dieci anni dall’ultima messa in scena, sono ancora in tanti, cittadini e turisti, a chiedere che “L’Assalto dei Turchi” sia riproposto. Eppure varie manifestazioni hanno provato a sostituirlo, senza entrare mai davvero nel cuore degli agropolesi. Tra queste il Carnevale estivo che nel 2016, salvo colpi di scena, non si farà. Di qui la richiesta di centinaia di cittadini affinché sia riproposto l’evento organizzato dall’Associazione Sbandieratori Cilentani, considerato anche che si tratta dell’unica manifestazione che rievoca una pagina di storia di Agropoli. All’evento partecipavano gruppi folkloristici, associazioni locali e centinaia di figuranti.
I fatti rappresentati erano collegati ad un evento avvenuto all’alba del 29 Giugno 1630. E’ sabato e ricorre la festività del Santo Patrono Petro. Sette galere e due brigantini turchi, provenienti da Biserta (n. 4 galere) e da Algeri (n. 3) e diretti a Roma, approdano sulla costa tra la torre di Paestum e quella di San Marco.
Dei 700 turchi che compongono la flotta, ben 400 si portano silenziosi alla volta di Agropoli. Il nucleo maggiore riesce ad entrare nel borgo raggiungendo con una scala una finestra aperta nelle mura “per sua comodità da tal Diego Pandullo”. Il frastuono degli assalitori sveglia improvvisamente la popolazione. Segue il saccheggio: se una vecchia riesce ad evitare la cattura in cambio del proprio denaro (carlini), un’altra ammalata, tenta di resistere ma viene uccisa; due suoi figli ed il marito sono fatti prigionieri come i vecchi e gli ammalati. Nel contempo, mentre suona la campana alle armi, ed il sindaco è costretto a fuggire seminudo “senza cammisa”, gran parte dei cittadini, prese le poche armi a disposizione e si rifugia nel castello per la difesa. Non si possono usare le artiglierie essendo le munizioni in custodia del sindaco, ma non mancano episodi di valore: muoiono combattendo su una torre Francesco Antonio Casalicchio, Donato Mignone e Antonio Di Sergio, mentre viene gravemente ferito il castellano Olimpio Mignone che morirà tre giorni dopo. Sull’altra torre è ferito Lucio Patella che rimarrà sfregiato. Se un manipolo di turchi è all’assalto del Castello, ove si segnala la strenua difesa delle donne, un altro saccheggia più di 20 abitazioni e incendia l’archivio comunale; un terzo si dirige verso il convento da dove i frati fuggono. Il priore però viene catturato da un robusti turco da cui si libera perché quello inciampa perdendo l’equilibrio mentre lo conduce alla “marina”, ma viene ben presto ripreso e portato al capo della spedizione che lo avrebbe imbarcato se non fosse sopraggiunto Giuseppe Del Mercato, che a colpi di pistola uccide tre predoni, permettendogli di fuggire. Quello, che rimarrà ferito durante gli scontri, è accorso con i suoi dal Cilento congiungendosi con le forze inviate da Romano Concilio barone di Torchiara; costoro, insieme a Giovan Vincenzo Del Mercato superano il Testene e preso possesso della località “Piano della Madonna”, dopo aver scacciato i Turchi, accendono la battaglia lungo la costa. Li incoraggiano i figli di Pietro Antonio Cardone, barone di Prignano; accorrono anche Giovanbattista Altomare barone di Ogliastro, conducendo con se i Rotoli, Giovanbattista da Eredita con i Cinera; da Finocchito i Pascali, Rizzi e Verta, Mignoni, Mangoni, Riccardi, Carrani e gli Oliva da Rutino col barone Gio.
Alla fiera di mercato Cilento che si svolgeva ogni sabato è presente Bernardino Pignone, cavaliere spagnoli e duca di San Mango che apprende come altri la notizia della battaglia e pertanto insieme ai Baglivi, baroni di Casigliano, ai De Altomare baroni di Camella ai Pagano, ai Pandullo, e ai Forziati di Perdifumo, ai Pezzi, ai Longobardi di San Mango e ai Volpe e ad altri nobili o meno, si precipita in battaglia a suono di trombe tamburi. Sgominati i Turchi, abbandonano le scale e fuggono alle navi, perdendo più di trenta compagni, ma facendo prigionieri “due figli di Lucio Vecchio, Innocenzo Tortora e sua Moglie Ortenzia, Ottavio Mondillo e Giovanni Patella ed un altro figlio chiamato Pompeo. Fuori le mura, nel territorio e alla marina, presero essi altre tredici persone che lavoravano nei campi”. I turchi inseguiti dai cilentani, già incitati sul Piano della Madonna da “Giulio Ruggio della Signora” riportano circa trecento morti e vari feriti (i morti tra gli agropolesi sono 7 e 20 feriti). Prendono il mare sotto il tiro delle artiglierie del castello ormai fornite di munizioni.
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