Una storia da raccontare: quella delle Reliquie dei Santi Pietro e Paolo e il Mistero sul loro destino.
Nel pomeriggio iniziò la visita delle Chiese Agropolesi. La Cattedrale dei SS. Pietro e Paolo, protettori di Agropoli, si presentava con 13 Cappelle e vari Altari di ricche famiglie. Erano presenti numerose statue lignee, quadri ed icone di Santi. Ma l’antico inventario rivela l’importante e sorprendente presenza nella Cattedrale Agropolese di un“…Ostensorio di legno foderato d’argento contenente le Reliquie di S. Pietro e S. Paolo”.
Come era giunto l’Ostensorio, visto che nella precedente visita Pastorale del 5 Giugno 1857, non era stato inventariato dal Vescovo Monsignor Francesco Giampaolo?
Il Colera del 1866
Nel 1836 furono accertati i primi casi di Colera nel Regno di Napoli. Nel biennio 1854 -1855, nella Provincia di Salerno le vittime del Colera furono 4500 circa. Con l’Unità d’Italia, in base alle nuove Leggi sulla Sanità Pubblica, l’Amministrazione Comunale di Agropoli nominò una Commissione Sanitaria composta dal Medico Condotto Carmine Rossi e dal Farmacista Antonio De Crescenzo. Nel 1866 Agropoli contava una popolazione di 1941 abitanti, facenti parte di 444 famiglie. Nel borgo vivevano 323 famiglie, comprendenti 1280 persone. Fuori le mura il restante della popolazione.
Nell’Agosto del 1866, la ricomparsa del Colera a Napoli mise in allarme gli Agropolesi. L’ignoranza e la superstizione alimentarono la fantasia popolare e la caccia all’untore. Gli sconosciuti venivano pedinati. Un uomo recatosi di notte nel rione “sopra il ponte”, per portare soccorsi, fu inseguito ed aggredito; i pescatori sorvegliavano, giorno e notte, la fontana pubblica nella Marina, per paura che venisse contaminata; alcune donne durante la messa della Domenica nella Cattedrale dei SS. Pietro e Paolo, avrebbero visto delle persone buttare una polvere bianca contaminata dal morbo. Cresceva la paura e si intensificavano i controlli. Chi poteva abbandonava Agropoli, caricando gli asinelli dell’indispensabile, si recava nei paesi dell’entroterra Cilentano. Nonostante le misure di prevenzione, il 16 ottobre 1866 il Colera colpì Agropoli. Il referto medico del dottore Carmine Rossi fu inappellabile:“ Parecchi casi di diarrea e vomito sono avvenuti in questo Comune. Dapprima di materia putrida biliosa e quindi di materia lattiginosa. Questi casi hanno tutta l’apparenza di Colerici, essendo in alcuni comparsi anche lievi crampi”. La popolazione Agropolese era atterrita e prostrata dall’incalzare del Colera. Il Prefetto di Vallo della Lucania ed il Pretore di Torchiara accusarono di inefficienza, di improvvisazione e di superficialità il Sindaco di Agropoli Francesco Mainenti e la Commissione Sanitaria. Gli si rimproverava: di non avere realizzato un Lazzaretto per isolare i Colerosi; che i cadaveri non venivano sepolti immediatamente; l’assenza di controlli sugli animali abbandonati in strada o nelle campagne; la mancata pulizia delle strade, delle stalle e dei luoghi pubblici. In quei giorni le strade di Agropoli erano deserte, affumicate per i frequenti suffumigi ed abluzioni di incenso e piante aromatiche, pratiche ritenute, allora, idonee per allontanare il morbo. In questo assordante silenzio, rabbrividiva lo stridente passaggio dei carri pieni di bare sigillate, che tirati dai becchini, dal Borgo si recavano al cimitero di Piano della Madonna. In un lato del cimitero i becchini scavavano del buche, dove calavano le bare, coprendole di calce viva e di terra.
Il cordone Sanitario si estendeva fino al fiume Testene. Da un argine all’altro del Testene era stato creato un corridoio umanitario per il passaggio di derrate alimentari, medicinali, abbigliamento e coperte, frutto della solidarietà delle popolazioni Cilentane. In quei giorni, in prima linea nella lotta al morbo, il dottore Carmine Rossi, il Parroco Agnello Scotti, l’agente di Sanità Marittima G. Quaranta ed i Regi Carabinieri di Agropoli e Torchiara. Ma gli Agropolesi erano rassegnati. Intuivano che il Colera era una piaga inesorabile, da sconfiggere solo con l’intervento Divino. Proprio in questo tragico contesto, presumibilmente, giunse da Napoli l’Ostensorio contenente le Reliquie dei Santi Pietro e Paolo. A portarlo fu un parente di una delle numerose famiglie benestanti in quarantena. L’Ostensorio fu consegnato dai Regi Carabinieri a Don Agnello Scotti, che indossato il paramento sacro, percorreva le strette e silenziose viuzze del Borgo, benedicendo le case con le Reliquie dei Santi Pietro e Paolo. Gli Agropolesi tremanti e timorosi, chiusi nelle proprie abitazioni, pregavano ed invocavano un Miracolo dai Santi Patroni. Il 16 novembre, dopo un mese, improvvisamente scomparve il Colera. Fatalità? Miracolo?
Per il Colera del 1866 si annoverano Miracoli in altre località Italiane: A Taviano (Lecce), la Madonna Addolorata, oggi venerata come Madonna del Miracolo, placò l’Epidemia; a Genova, S. Francesco M. da Camporosso offrì la sua vita in cambio della salvezza dei Genovesi e così avvenne.
In un solo mese di contagio il Colera aveva ucciso dai 250 ai 300 Agropolesi, su una popolazione di 1941. Il consistente numero dei morti, le tante famiglie distrutte, la grave situazione degli orfani, il commercio azzerato e le continue paure del ripresentarsi del Colera, crearono negli anni successivi una drammatica caduta socio-economica di Agropoli.
Sconsacrata la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo.
Agropoli 9 ottobre 1885, Monsignor Pietro Maglione, Vescovo della Diocesi di Capaccio-Vallo, visitò la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo. La sua relazione attesta che la Parrocchiale non era consacrata, che la struttura “manet in pessimo statu”e che erano numerose le Cappelle interdette ed abbandonate. Nessun riferimento all’Ostensorio contenente le Reliquie dei Santi Pietro e Paolo. Cosa era successo? Come mai la Cattedrale di Agropoli, in soli dieci anni dal 1875 al 1885, era caduta in tale stato pietoso? Monsignor Pietro Maglione addebitava ad una serie di concause, il decadimento generale della Religione nelle nostre zone. La crisi economica aveva costretto migliaia di Cilentani, tra cui numerosi Sacerdoti, ad emigrare nelle Americhe in cerca di fortuna. Ciò aveva comportato la riduzione dei Parroci, acuita da una progressiva carenza di vocazioni e da uno stato di lassismo:“…vanno in giro senza abito talare”. A tutto ciò si aggiungeva la Politica anticlericale del Governo Italiano, fomentata dalle idee liberali moderne. Il liberismo attecchiva nelle famiglie borghesi che trascuravano nelle Chiese, le Cappelle e gli Altari di loro proprietà. Un quadro socio-economico-religioso desolante ed in questo contesto si determinò il degrado della Cattedrale Agropolese.
La scomparsa delle Reliquie dei Santi Pietro e Paolo.
La chiusura della Cattedrale causò la sua sconsacrazione momentanea e l’abbandono delle Cappelle e degli Altari. E’ lecito domandarsi che fine fecero le Statue, i dipinti e gli arredi Sacri? Ma soprattutto, dove fu portato l’Ostensorio con le Reliquie dei Santi Pietro e Paolo?
Abbozzo tre ipotesi:
- Lo stato di abbandono della Cattedrale agevolò i ladri nel rubare l’Ostensorio e venderlo sul mercato nero dell’Antiquariato. Quindi sarebbe quasi impossibile ritrovarlo.
- La famiglia proprietaria dell’Ostensorio lo prelevò dalla Cattedrale, oramai chiusa, e lo conservò nella propria casa. Gli eredi, forse, ignari del valore Storico-Religioso dell’Ostensorio, lo custodiscono in qualche armadio. Nel 1875, in occasione della visita Pastorale di Monsignor Siciliani, effettuata prima della chiusura della Cattedrale, le famiglie proprietarie di Cappelle ed Altari erano: Rotolo; Troise; Ceraso; Rosa; Vecchio; Magnoni; Del Baglivo; Sangiovanni di Laurino.
- Il Vescovo Monsignor Maglione, sconsacrando la Cattedrale, fece portare e custodire a Vallo della Lucania, sede della Diocesi, i beni ecclesiastici contenuti in essa. Ed è probabile che l’Ostensorio sia nei depositi del Museo. Ipotesi percorribile giacché nel Museo Diocesano è esposto un dipinto di S. Antonio Abate, la cui scheda di lettura recita: S. Antonio Abate, olio su tavola; cm.92 x 84; autore ignoto napoletano della fine del XVI secolo; proveniente dalla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Agropoli.L’8 febbraio del 1742 una tela raffigurante S.Antonio Abate era presente nella Cappella della Famiglia Rotolo. Così nella visita Pastorale del 19 gennaio 1771. Nel 1875, Monsignor Siciliani lo annotò come dipinto su tavola. Nell’inventario del 1885, Monsignor Maglione descrisse interdetta la Cappella Rotolo e non fece menzione del dipinto. Il dipinto è lo stesso, quindi è da presumere che anche gli altri beni della Cattedrale di Agropoli, compreso l’ Ostensorio con le Miracolose Reliquie dei Santi Pietro e Paolo, siano custoditi a Vallo della Lucania.
Termina, per ora, la ricerca storica-religiosa dell’Ostensorio contenente le Miracolose Reliquie dei Santi Pietro e Paolo, presente nel 1875 nella Cattedrale di Agropoli. Spero di aver aperto uno spiraglio per il ritrovamento di questo importantissimo simbolo religioso di Agropoli.