La Grotta di Polla e la Preistoria dell’Appennino Meridionale

Paesaggi storici ed evidenze archeologiche costituiscono sicuramente una delle caratteristiche più lampanti del comprensorio Valdianese, fra questi la Grotta di Polla, cavità ricca di risorse culturali di straordinario fascino.

Di Redazione Infocilento

Paesaggi storici ed evidenze archeologiche costituiscono sicuramente una delle caratteristiche più lampanti del comprensorio Valdianese, fra questi la Grotta di Polla, cavità ricca di risorse culturali di straordinario fascino.

Contrariamente a quanto si crede comunemente (ma l’idea risale alla cultura classica e la troviamo in Lucrezio) la caverna non costituì l’originaria abitazione dell’uomo, che nelle prime fasi della preistoria era un cacciatore nomade che si accampava all’aperto con ripari di fortuna. Ciò non toglie, però, che le cavità naturali siano state saltuariamente frequentate per vari scopi durante quasi tutto il corso della Preistoria e costituiscano uno dei luoghi migliori per lo studio archeologico di alcuni aspetti delle comunità primitive. A tal riguardo sia il Cilento che il Vallo di Diano “offrono” insediamenti carsici dalle testimonianze più consistenti e rilevanti sui primi paleolitici, neolitici e dell’età del bronzo. Le evidenze sono state rinvenute quasi tutte, infatti, in Grotte Pedemontane quali Pertosa (Grotta dell’Angelo), Castelcivita e Sant’Angelo a Fasanella solo per citarne alcune. Si tratta, in realtà, di ricoveri naturali, provvidenziali per i primi uomini che lentamente abbandonavano l’esercizio della caccia per passare a quello associato della pastorizia. Gli anfratti, inoltre, erano tutti posti in prossimità di corsi d’acqua ed in posizione sopraelevata e dominante.

Il “caso” della Grotta Grande di Polla a tal proposito risulta tra i più interessanti ed offre numerosi spunti di riflessione. Una prima esplorazione del sito, con annesso rilievo parziale della grotta fu compiuta nel 1927 dal Trotta. Ma è tra il 1956 ed il 1958 che i geologi P. Parenzan e B. Davide, la esplorarono a fondo, realizzando una pianta accurata dell’intera cavità così come oggi la conosciamo. Si dovrà attendere però l’autunno del 1964 prima ed il 1971 poi affinchè la Soprintendenza archeologica effetui una prima campagna di scavi regolari sotto la direzione di B. D’Agostino, con lo scopo di comprendere la sequenza stratigrafica e l’effettiva portata dei livelli archeologici. Vennero eseguiti, infatti, tre saggi di scavo sulla cima del cono detritico, i quali hanno restituito una stratigrafia dal Neolitico Finale alla fine dell’Età del Ferro. Dal punto di vista geologico, essa può considerarsi un inghiottitoio fossile dell’antico lago pleistocenico che occupava l’odierno Vallo di Diano; alla fine del Pleistocene, infatti, la grotta doveva raccogliere le acque di alcune “Crive”, le quali sono oggi forse riconoscibili nell’ingresso della prima caverna, un poco più a Sud in corrispondenza della seconda sala, ed in un’altra, che ha l’ingresso nel fondo Sud-occidentale della “Caverna del baldacchino”. Questo sistema, probabilmente, in quel periodo era funzionale allo scarico delle piene del lago. Oggi, grazie alla maestosità delle caverne, all’estensione delle gallerie, e all’erosione, si sa con certezza che la grotta svolse una attività assorbente molto intensa. I grandi depositi di fango, infine, confermano che l’ultimo periodo di attività fu riservato soltanto alle piene del lago con il conseguente depositarsi del fango. L’indagine archeologica riguardante la grotta di Polla, ha raggiunto livelli che, però, non rappresentano la fine del deposito che, per motivi di sicurezza, non è stato possibile indagare ulteriormente. Frammenti di olle in stile “Enotrio-Subgeometrico”, risalenti al VII sec. a.C., un frammento di coppetta monoansata con decorazione interna a fasce databile alla seconda metà del VI sec. a.C, due frammenti di ceramica a vernice nera, (IV sec. a.C.), rinvenuti nello strato superficiale del saggio VIII, sono soltanto alcuni dei reperti vascolari rinvenuti nella Grotta che se adeguatamente valorizzata potrebbe rivaleggiare se non superare in apporto turistico la Grotta di Pertosa. Fra i reperti ceramici più interessanti bisogna annoverare un importante frammento scoperto in un’area di fuoco. Si tratta di un frammento in argilla figulina di coppa micenea (probabilmente la forma 216 del Furumark: deep cup) riferibile al MIC. III C1 in argilla nocciola dalla leggera venatura grigia. Il motivo ad onda, con curve abbastanza serrate dipinto con vernice bruno-rossiccia leggermente stralucida, pare corrispondere alla variante 18 del motivo n. 53 (wavy lines), ancora tipico del MIC. III C1e. Nel complesso pare da preferirsi una datazione al momento finale del MIC. III C1c (verso il 1075 a.C.). Il reperto in questione risulta essere di estremo interesse in quanto sottolinea non solo l’mportanza del Vallo di Diano quale snodo commerciale ma la stessa Grotta di Polla diviene, evidentemente, una sorta di sito “Cerniera”, luogo strategico di interscambi culturali e commerciali con l’area Egea e non solo. A stupire gli addetti ai lavori, però non furono soltanto i reperti ceramici ma anche la scoperta di quattro individui che, per l’insieme dei caratteri, per la forma, e per le industrie accompagnanti devono ascriversi all’Età del Bronzo. I rinvenimenti sono relativi ad elementi di cranio, o a crani interi privi di mandibola, appartenenti a quattro individui. Gli elementi riferiti agli individui 1, 2, e 3 furono rinvenuti in nicchie naturali della parete della grotta, mentre il quarto fu rinvenuto ad un livello molto più basso, in un recesso inferiore della caverna. Vicino ai crani superiori, furono rinvenuti due manufatti, uno litico ed uno fittile, ed alcune ossa di animali, mentre vicino al reperto n. 4, furono rinvenute solo ossa di animali troppo frammentarie perché possano essere studiate.

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