Una tradizione locale: quella delle “aulive ammaccate”
“Austo capo re vierno” recita un noto proverbio e sul finire dell’estate ci si appresta a preparare la raccolta delle olive. Continua il nostro viaggio tra la “gastronomia povera” del Cilento, dopo aver portato in tavola la farina con “pane mbusso”, “acqua cecata” e “pane cuotto”, oggi ci dedichiamo alle “aulive ammaccate”. Una lunga tradizione, uno spaccato di gusto che ritroviamo tra le “eccellenze” del Cilento.
Da Settembre ad Ottobre è il periodo migliore per raccogliere le olive da utilizzare per questa antica ricetta. Tuttavia, le temperature elevate che hanno caratterizzato questo autunno ben favoriscono la raccolta anche nella stagione ormai inoltrata poiché il frutto tarda ad arrivare a piena maturazione. Dalla pianta vanno raccolte solo quelle migliori, rigorosamente in modo tradizionale senza l’ausilio di alcuno strumento se non le nude mani. Faremo attenzione a selezionare le più polpose quando non hanno ancora iniziato il processo di maturazione e si presentano verdi e sane. Particolarmente indicate per questo tipo di lavorazione alcune varietà nostrane come la tipica “salella” spesso indicata nella dizione popolare come “licinella” o “salentina” le cui origini sono incerte ma sappiamo che da diversi secoli si coltiva in tutto il territorio oggi ascritto come Cilento. In modo particolare si aggrappa tra le colline e la parte interna della regione, mentre sulla costa è più diffusa la ben nota “pisciottana”.
È un lavoro meticoloso quello necessario per preparare le “aulive ammaccate” e che richiede una certa maestria seppur nella sua semplicità. L’abilità delle brave massaie ha nel tempo preservato una secolare tradizione facendo si che ancora oggi sulle nostre tavole arrivi “l’auliva ammaccata” che ben accompagna qualunque portata dei pasti principali: è un ottimo antipasto ma anche condimento per la pasta o da affiancare ad un delicato secondo.
Non ci disperdiamo ulteriormente e proseguiamo con la descrizione della ricetta. Dopo una prima selezione le olive vengono nuovamente passate al vaglio dell’occhio e solo le migliori in assoluto si avvieranno alla lavorazione. Lavate e asciugate vengono disposte in un recipiente e, di volta in volta, ne prenderemo alcune che metteremo sul piano di lavoro; con l’ausilio di un sasso delle nostre terre, una ad una saranno schiacciate per privarle del nocciolo. L’energia per “ammaccare” l’oliva non deve essere eccessiva per evitare il disgregamento della parte legnosa. Man mano che vengono private del nocciolo vanno messe nell’acqua per evitare l’annerimento e così, lentamente, si conclude la lunga fase “dell’ammaccatura”. Tanta pazienza e dedizione, dunque, ma il risultato sarà eccellente. Almeno una volta al giorno l’acqua delle olive va cambiata fino a che le stesse diventino dolci al gusto. A questo punto vanno strizzate sotto la pressione di un oggetto che funge da peso e poi scolate del tutto. È il momento del condimento. Nel Cilento ci sono alcune varianti sugli aromi da utilizzare: aglio, origano e foglie di alloro sono i più apprezzati. Ma non manca chi accosta il peperoncino o qualche aroma spontaneo presente nei campi. Messe nel barattolo vengono ricoperte rigorosamente con olio extravergine d’oliva e, possibilmente della stessa annata e della stessa varietà delle olive utilizzate per la preparazione: il risultato così sarà migliore!
Volge al termine un’antica ricetta, una eccellenza da salvaguardare, tutelare e tramandare: buon appetito con le “aulive ammaccate”!