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“Tiesto” e “tiano” e in Cilento si porta il pane a tavola

La tradizione culinaria cilentana ha una grande storia. Non a caso in queste terre si è sviluppata la consapevolezza del mangiar sano i cui canoni sono stati espressi dalla Dieta Mediterranea.

Giuseppe Conte

8 Novembre 2015

Pane

La tradizione culinaria cilentana ha una grande storia. Non a caso in queste terre si è sviluppata la consapevolezza del mangiar sano i cui canoni sono stati espressi dalla Dieta Mediterranea.

La storia del Cilento è lunga e travagliata, non sempre favorita dalle innovazioni e quasi mai addolcita da prosperità. In questo contesto l’abilità dei suoi abitanti ha sfamato i propri fabbisogni con il sudore mantenendo una solida dignità anche sotto l’aspetto gastronomico. Delle antiche ricette diverse sono ormai perdute, altre confinate nei ricordi lontani e altre ancora tuttora vive e rappresentano la “storia gastronomica” di queste terre. Dal grano alla farina si è maturata la cognizione e l’importanza di un alimento essenziale come pure l’olio che si ottiene dalle rinomate varietà di ulivo presenti nella zona.

“Lu tiano” e la “tiella” probabilmente non sono la stessa cosa: il primo sarà una variante dell’odierna padella (sartania o ruoto) mentre la seconda la classica pentola. Entrambi hanno “lu tiesto” il coperchio che ne preserva i sapori e ottimizza la cottura.

“Li vescuotti mbussi” conditi con olio, sale, pomodori, origano ed aglio danno “l’acqua sale” che non necessita di cottura ma di modica pazienza. “Lu tiano”, invece, è indispensabile per preparare “l’acqua cecata”. Se avanza un po’ di pane e si ha voglia di gusto e semplicità (ora! prima, invece, se non si aveva altro…) nella padella si versa qualche cucchiaio di olio, in cui si fa soffriggere l’aglio con l’aggiunta di acciughe e pomodori; in un piatto si predispone il pane e su di esso si versa il soffritto allungato con acqua bollente. Ma quando si era proprio allo stremo e si aveva poco o niente, allora a tavola arrivava “lu pane cuotto”. Con varianti condizionate dalla disponibilità di stagione può essere elevato a “piatto povero in assoluto”. Si procede con un leggero soffritto: all’olio vengono aggiunti pochi ingredienti come peperoncino e cipolle (in origine raramente della carne) e talvolta si rafforza con le uova, si sala e si aggiunge acqua portando il preparato a bollore. Infine si versa sul pane abbrustolito. Una ricetta simbolo che nel passato ha abbracciato il Cilento e gran parte dell’Antica Lucania, colmando l’appetito e saziando con umiltà un popolo fatto di gente cordiale e laboriosa…

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