Il “fuoco” emblema della luce è forse l’elemento più rilevante nella simbologia cristiana. Una simbologia ereditata già dalle civiltà precristiane, poiché, il fuoco (la luce) è da sempre stato di vitale importanza e sacro ad ogni civiltà, indipendentemente dalle sue connotazioni. Particolarmente celebrativi sono stati i fuochi accesi in determinati periodi dell’anno, special modo in concomitanza dei solstizi.
Per le civiltà precristiane solstizi ed equinozi sono sempre stati sacri, considerati momenti particolari soprattutto nelle cadenze contadine. Ed è su quest’ultimo aspetto che si innesta la ritualità del fuoco esistita ad Ostigliano. In diverse zone d’Italia e dell’intera Europa, sopravvivono antiche usanze, convertite in tradizioni, legate al fuoco in occasione della vigilia di San Giovanni Battista. Si assommano qui, credenze talvolta legate esclusivamente ad aspetti paganeggianti e, in modo minore, ad aspetti cristiani.
Il 23 Giugno cade poco dopo il solstizio d’Estate quando le ore di lustro hanno il sopravvento sulle tenebre ed è dunque il momento più significativo per espletare rituali legati alla “luce”. Nel Cilento, la festività di San Giovanni si manifesta con molteplici aspetti: ad Eredita, per esempio, è di scena il tradizionale “Volo dell’Angelo”. Ad Ostigliano invece si ha notizia dell’unico caso dedicato al fuoco ed alla luce.
La “notte di San Giovanni”. È in qualche modo la notte della purificazione, del tramando: è la notte della preghiera ma anche del divertimento. Alla sera del 23 era d’uso la raccolta di erbe ritenute curative, utili a scopi medici o semplicemente come una sorta di “portafortuna”, quasi un talismano. E in effetti la ritualità di San Giovanni approdata nel mondo cristiano, si traduce in una occasione che calca le festività di stampo “contadino”. Proprio seguendo questi canoni nasce la “processione delle lanterne”.
La “processione delle lanterne” è rimasta in vita fino ai primi decenni del 900; in seguito è stata praticata sporadicamente fino a cessare del tutto. Tale situazione ha portato alla sua totale assenza finanche nella memoria popolare. Tuttavia, resiste il fascino della riscoperta per mezzo di qualche parola e di una attenta analisi che ne restituisce almeno i significati e la descrizione.
In paese, negli anni passati, San Giovanni Battista veniva portato in processione almeno tre giorni all’anno: il 23 e il 24 del mese di Giugno e il 29 del mese di Agosto. Il “Battista” ebbe l’onere di “battezzare” Gesù: per questo è l’unico Santo che viene commemorato sia nel giorno della nascita sia nel giorno della morte. Seguendo queste cadenze, si giustificano la solennità del 24 e la festività del 29 che, in genere, ricorrono in gran parte dei luoghi in cui vi è devozione verso San Giovanni. La ricorrenza del 29 Agosto chiudeva la stagione estiva, il raccolto dava i suoi ultimi frutti, annunciati proprio con la festività di Giugno: il mirto, i vimini per la produzione dei cesti e i fichi, rappresentavano le fonti di sostentamento principali; quest’ultimo prodotto tipico del posto e assai rinomato fino agli anni ’50 del secolo scorso. In seguito ci si preparava alla raccolta delle olive per la produzione dell’olio. La solennità del 24, invece, è l’apice della festa strettamente collegata al giorno di vigilia, secondo le modalità di svolgimento che si addensavano nel giorno precedente.
Il rito. Alla sera del 23, si teneva la Santa Messa, durante la quale probabilmente, venivano accese le lanterne. La fine delle celebrazioni che, coincideva con il calar del sole, dava inizio al rituale nel suo punto cardine. I fedeli si predisponevano in processione recanti tra le mani 24 lanterne accese. Non è escluso che venissero alimentate con l’olio d’oliva locale, al fine di rafforzarne la gestualità. La processione, oltre alle lanterne, si componeva del mezzo busto di San Giovanni Battista, delle “centé” o altri ex-voto e vantava una croce bifronte argentea e lignea, con l’immagine di San Giovanni e simboli cristologici. Il percorso prevedeva le vie principali dell’abitato ma, non è esclusa, la sosta in determinati punti e lo sconfinare sui campi; poteva aver così luogo, eventualmente la benedizione dei campi, rafforzando, ancora una volta, la componente agricolo-pastorale del rito. Completato l’iter, non è chiaro se le lanterne fossero lasciate “ardere” per l’intera notte, fino alle prime luci del mattino, quando lo sparo dei mortaretti annunciava la solennità. Inoltre, il numero “24” non solo indicava la data della festa bensì rappresentava anche le ore del giorno, arricchendo ulteriormente il significato del rituale.